(Meridiananotizie) Roma, 9 gennaio 2012 – Settantasei miliardi di euro il fatturato del mercato legale del gioco nel 2011: 10 miliardi quello illegale; 1260 euro pro-capite la spesa per i giochi. Quattrocentomila slot machine in Italia, una «macchinetta mangia-soldi» ogni 150 abitanti, con un primato per la capitale: duecentonovantaquattro sale e più di 50mila slot machine distribuite tra Roma e provincia. Questi i dati che emergono dal dossier di Libera, «Azzardopoli, il paese del gioco d’azzardo», curato da Daniele Poto e presentato da don Luigi Ciotti nella sede della Fnsi, relativo alla diffusione del gioco d’azzardo, legale e illegale, in Italia. «Sono ben 41 i clan che gestiscono i giochi della mafia in tutto il paese – afferma Poto – Sono praticamente l’undicesimo concessionario, quello ‘occultò che si affianca ai dieci ufficiali». Sono ottocentomila le persone in Italia, secondo il dossier, dipendenti dal gioco d’azzardo e quasi due milioni i giocatori a rischio. Dieci le procure della Repubblica che nell’ultimo anno hanno effettuato indagini sul fenomeno: 22 le città dove nel 2010 sono state effettuate indagini e operazioni delle forze di polizia con arresti e sequestri direttamente riferibili alla criminalità organizzata. «Negli ultimi anni la mafia si è infiltrata nel mondo delle macchinette: alterando le reti telematiche che dovrebbero collegarle al monopolio, in questo modo non viene pagato il 12% dovuto allo Stato», ha aggiunto Diana De Martino, Direzione distrettuale Antimafia. «Riguardo in particolare al territorio di Roma – ha proseguito De Martino – qualche mese fa ci sono stati controlli a tappeto sulle sale gioco e le slot machine e molte di queste non erano collegate al concessionario. Sembra inoltre che molti clan camorristici siano attive nel basso Lazio». Il primato per il fatturato legale dei giochi, continua il dossier, spetta alla Lombardia con 2 miliardi e 586mila euro, seguita dalla Campania con 1,7 miliardi. All’ultimo gradino del podio il Lazio con 1,6 milardi di euro. «Vogliamo sollecitare una risposta da tutti a cominciare dalle istituzioni e chiediamo un’assunzione di responsabilità da parte delle imprese che gestiscono legalmente questo business – dice don Ciotti – Le loro campagne pubblicitarie sono trappole psicologiche che recano un danno anche economico alle famiglie. Chiediamo leggi giuste e prevenzione. La lotta a questo fenomeno la si fa in parlamento». Il servizio di Leonardo Cerquiglini
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