Lui negli anni ha accumulato un enorme senso di colpa. Pur non riuscendo a dare una spiegazione sul perché rimaneva in vita mentre i suoi compagni morivano, diceva “ci deve essere una ragione”.
(MeridianaNotizie) Roma, 17 settembre 2013 – Stephen Crohn, l’uomo che non poteva contrarre l’Aids, è morto suicida all’età di 66 anni. Si è tolto la vita un mese fa a New York, la sua città. «I globuli bianchi dell’uomo avevano un difetto genetico che permetteva al suo sangue di resistere al contagio dell’Hiv – ha dichiarato il dottor Bill Paxton, ricercatore presso l’Aaron Diamond Aids Research Center di New York – negli esperimenti in provetta il suo sangue era inattaccabile anche di fronte a dosi del virus migliaia di volte superiori a quelle di un rapporto sessuale».
La sorella dell’uomo, Amy Crohn, confermando il suicidio, ha dichiarato che «Stephen ha visto morire di Aids intorno a sé tutti i suoi amici. Lui negli anni ha accumulato un enorme senso di colpa. Pur non riuscendo a dare una spiegazione sul perché rimaneva in vita mentre i suoi compagni morivano, diceva “ci deve essere una ragione”. Crohn è stato considerato un caso unico al mondo. Per anni si è pensato che studiando il suo difetto genetico si potesse trovare l’arma per sconfiggere la malattia. Crohn era finito sotto la lente d’ingrandimento degli scienziati perché il suo compagno, Jerry Greenwood era morto per la malattia nel 1982, quando il male non aveva ancora un nome.
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