“Il progressivo aumento della scorta rende difficilissima la vita quotidiana. Non esistono passeggiate, nessuna forma di vita normale, non posso prendere il treno né la metropolitana o scegliere un ristorante senza concordarlo con la scorta». Lo ha detto lo scrittore al tribunale della sua città
(MeridianaNotizie) Roma, 7 ottobre 2013 – «Immagino che la mia vita possa essere libera solo all’estero, in Paesi che possano darmi un’altra identità, così che possa permettermi una vita nuova che comincia da zero, mi sento come un reduce dopo una battaglia. Vivevo a Napoli e immaginavo la possibilità di una carriera universitaria. I rapporti con i miei familiari sono diventati complicati. Il progressivo aumento della scorta rende difficilissima la vita quotidiana. Non esistono passeggiate, nessuna forma di vita normale, non posso prendere il treno né la metropolitana o scegliere un ristorante senza concordarlo con la scorta». Lo ha detto oggi lo scrittore Roberto Saviano, al tribunale di Napoli, deponendo come persona offesa, per le minacce subite durante l’appello del processo «Spartacus» dai boss del clan dei casalesi Francesco Bidognetti e Antonio Iovine, tramite i loro legali Carmine D’Aniello e Michele Santonastaso (lo scorso giugno, per lo stesso motivo, aveva testimoniato la giornalista e senatrice del Pd Rosaria Capacchione, a sua volta presa di mira dai due boss). L’autore di Gomorra (Mondadori, 2006), tornato in libreria con ZeroZeroZero(Feltrinelli, 2013), ha risposto alle domande del pm Antonello Ardituro e del suo legato, l’avvocato Rosario Nobile.
Saviano ha poi ricordato l’escalation di tensione attorno alla sua persona. Nel settembre 2006 era a Casal di Principe per una giornata contro la camorra: «In piazza di questi temi non si era mai parlato. In paese si percepiva un clima di tensione», ricorda. Dal palco rivolse un appello contro i boss Zagaria, Schiavone e Iovine. «Mi accorsi della presenza di Carmine Schiavone, figlio di “Sandokan”: la piazza smise di guardare me è cominciò a guardare lui. Di lì a poco sarei dovuto andare a prendere il treno per Napoli ma la scorta dell’allora presidente della Camera Fausto Bertinotti decise di accompagnarmi: “Questo ragazzo non va via da solo”». Tra le minacce ricevute successivamente, Saviano ha ricordato un volantino lasciato nella cassetta delle lettere della madre in cui accanto alla sua foto compariva una pistola con la scritta «Condannato». I primi tempi, poi, dopo il libro, a Casal di Principe «i negozi abbassavano le saracinesche, le finestre delle case erano chiuse: una parte della città mi percepiva ostile”. Nicola Schiavone, il padre di Sandokan, ripreso anche dalle Iene, disse «Buffone, a Casale ci sono gli uomini, non gente come te. Fai bene il tuo lavoro, non il pagliaccio».
Un Saviano arrabbiato e voglioso di raccontarsi è quello che appare in tribunale. Un uomo che si sfoga e si sente solo, circondato da forze dell’ordine che fanno da filtro alla vita reale. Un uomo che forse sta avvertendo le conseguenze drammatiche di una scelta di vita così coraggiosa e terribilmente limitante.
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