Una targa, con la scritta “Meditate che questo è stato” tratta dal libro di Primo Levi “Se questo è un uomo”, è stata posta in ricordo del rastrellamento del ghetto, Sotto una corona d’alloro e intorno il silenzio e le preghiere dei tanti studenti che hanno partecipato commossi all’evento
(MeridianaNotizie) Roma, 16 ottobre 2013 – “Oggi siamo qui – ha detto Marino – per ricordare con quanta ferocia la deportazione e lo sterminio colpirono il cuore millenario di Roma. Oltre mille persone videro spezzata la propria vita. Donne, uomini, bambini, neonati e anziani, intere famiglie, furono spogliati della loro dignità per una logica che mai potrà trovare giustificazione. Qui su questo binario il 18 ottobre i carri merci caricarono oltre 1000 ebrei romani e una scritta bianca in gesso segnava la destinazione: Auschwi
Oggi il dovere di tutti noi è quello di perseverare con tutti gli strumenti che abbiamo per non dimenticare, per tenere viva una memoria condivisa. La targa che si apprestiamo a ricollocare è un doveroso omaggio ma soprattutto un monito verso chi vuole offuscare ciò che è accaduto”. Il sindaco ha poi ricordato la figura di Michele Bolgia: “che tolse il piombo ad alcuni dei vagoni sigillati”, e “per quel gesto fu arrestato e ucciso alle Fosse Ardeatine”.
“Sono questi i gesti di una Roma solidale – ha concluso – che hanno riportato la democrazia. Nel ricordare vogliamo scuotere e agire e costruire una coscienza collettiva perché nessuno sia più preda di ideologie aberranti”. “Queste targhe ci aiutano a ricordare cosa è successo 70 anni fa in questo posto – ha affermato Zingaretti – E ogni volta che le leggiamo facciamo rivive un pezzo di nostra memoria. Ed è importante perché sono luoghi che noi viviamo nella quotidianità ma anche i luoghi sono stati testimoni.
Le città non sono solo case o stazioni ma sono la vita che c’è stata attorno a questi spazi. Ed è la storia e la memoria che ci dice chi siamo. Ricostruire la memoria collettiva ci rende più forti perché ci dà identità, uniti da una storia comune. Mille deportati, ad ognuno fu dato un numero ma dietro quei numeri noi non dimentichiamo che c’erano persone. Uomini e donne, bambini. Ci dobbiamo inchinare difronte a chi perse la vita per dei valori”.
Il servizio di Cristina Pantaleoni
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