(MeridianaNotizie) Roma, 2 ottobre 2013 – Il premier Enrico Letta parla accanto al ministro per Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini. Sono 23 i sostenitori della risoluzione della maggioranza per sostenere il governo Letta. Le firme – a quanto si apprende – sono quelle di senatori del Pdl e del gruppo Gal (Giustizia e libertà). Non è escluso – sempre secondo quanto si apprende – che potrebbero aggiungersi altri senatori. La risoluzione per chiedere il voto di fiducia per il governo è firmata da 23 senatori del Pdl e Gal. Con la mozione di fiducia al Governo, il premier Enrico Letta ha raggiunto il quorum teorico al Senato. Infatti il presidente del Consiglio parte da una base di 137 voti (escluso quello del presidente del Senato che per tradizione non vota), ai quali si aggiungono i 5 dei senatori a vita ed i 4 annunciati dai fuoriusciti M5S. In questo modo il governo supera abbondantemente la fatidica ‘quota 161’ necessaria a Palazzo Madama assestandosi intorno a quota 170.
Tra i ‘dissidenti’ del Pdl che hanno firmato la risoluzione da votare per la fiducia al governo ci sono anche il capogruppo del Pdl in Giunta per le Immunità del Senato Nico D’Ascola e l’ex relatore del caso Berlusconi Andrea Augello. “Siamo già in 25 – dice Roberto Formigoni parlando con i cronisti in Transatlantico della scissione dal gruppo Pdl – E’ possibile che altri si aggiungano. Nel pomeriggio daremo vita a un gruppo autonomo chiamato ‘I Popolari’. Restiamo alternativi al centrosinistra, collocati nel centrodestra”. Dopo il discorso di Letta, si è tenuta la riunione dei senatori del Pdl al termine del quale Berlusconi ha confermato la decisione di votare no alla fiducia decidendo di restare in Aula: ”Se uscissimo fuori sarebbe un gesto ambiguo e gli elettori non lo capirebbero”.
“Nella vita delle nazioni l’errore di non saper cogliere l’attimo può essere irreparabile”. Inizia così l’intervento in Senato, Enrico Letta, con le parole di Luigi Einaudi. “L’Italia – dice Letta – corre un rischio che potrebbe essere fatale, sventare questo rischio dipende da noi, dalle scelte che assumeremo, dipende da un sì o un no. Gli italiani – sottolinea – ci urlano che non ne possono più di ‘sangue e arena’, di politici che si scannano e poi non cambia niente. Solo chi non ha le spalle larghe finisce ostaggio della paura del dialogo. Il mio governo – è la sfida lanciata dal premier Enrico Letta nel suo intervento al Senato – è nato in Parlamento e se deve morire deve morire qui, in Parlamento. La nostra repubblica democratica si fonda sullo stato di diritto. In uno stato democratico le sentenze si rispettano, si applicano, fermo restando il diritto intangibile” della difesa. Ma “senza trattamenti né ad ad né contram personam”, ha detto il premier nel discorso sulla fiducia al Senato. Se si tornasse al voto con il Porcellum – secondo Letta – ci troveremmo di nuovo con le larghe intese perché non si produrrebbe una chiara maggioranza. Oggi in poco tempo possiamo riformare la politica: i provvedimenti sono all’esame del Parlamento, se rapidamente discussi faremo una svolta con la pubblica opinione. Il tempo di attesa è scaduto. Sul programma di riforme – sottolinea il premier in Senato – il “comitato dei saggi ha completato” una bozza di riforma “equilibrata e ambiziosa” senza “golpe o stravolgimenti della carta costituzionale”: ci “sono le condizioni di chiudere in anticipo e completare percorso di riforma in 12 mesi da oggi”. ‘Il nostro obiettivo dichiarato da tempo – dice – è l’aumento di un punto di Pil nel 2014 e spero che la legge di stabilità sia l’occasione per dimostrare che il cambiamento in atto ma senza arretrare nel risanamento della finanza pubblica’.
“Coraggio e fiducia – conclude Letta – è quello che vi chiedo. Mi appello al parlamento tutto, dateci la fiducia per realizzare gli obiettivi. L’Italia può arrivare forte e credibile al 2014, ma non c’è influenza senza credibilità, stabilità politica e obiettivi chiari
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