“Dobbiamo tornare a essere il partito del lavoro. In un mese presenteremo un disegno di legge che semplifichi regole e procedure per le aziende e che garantisca un sussidio a tutti quelli che hanno perso il posto”.
(MeridianaNotizie) Roma, 17 dicembre 2013 – Con quindici mesi di ‘patto’ con il Governo e con gli italiani inizia la difficile sfida del neoeletto segretario del Pd Matteo Renzi che, durante il suo primo discorso ufficiale nel salone della fiera di Milano, illustra la sua agenda di riforme. Modifica della Bossi-Fini e riconoscimento dello ‘ius soli’, istruzione e ricerca, unioni civili, riforma del Senato, legge elettorale, abolizione delle provincie e delle indennità dei consiglieri regionali: queste le proposte per dimostrare che il Pd è in grado di cambiare marcia e far ripartire l’Italia. Ma al primo posto della sua agenda di riforme c’è il lavoro: “Dobbiamo tornare a essere il partito del lavoro. In un mese presenteremo un disegno di legge che semplifichi regole e procedure per le aziende e che garantisca un sussidio a tutti quelli che hanno perso il posto. E’ finita l’era ideologica della discussione sul lavoro. Non si può discutere per 10 anni sull’articolo 18, mentre si dimezza l’attrattività degli investimenti esteri. Noi dobbiamo dire – continua Renzi – che tutti coloro che perdono il posto di lavoro hanno diritto a un sussidio universale. O il Pd torna ad essere il partito del lavoro, o perdiamo la nostra identità”.
Al fianco del neosegretario, lavora il deputato Pd Yoram Gutgeld, che coordina la rete di consulenti che sta mettendo a punto l’intera linea economica del cosiddetto Job Act, di cui Renzi ha tanto parlato prima della sua elezione. Il punto di forza del piano lavoro sarebbe un unico contratto di lavoro indeterminato-flessibile per tutti i giovani al di sotto di una determinata soglia di età. In base alla riforma renziana del lavoro, verrebbero cancellati i contratti a progetto introdotti dalla legge Biagi e per i neoassunti il reintegro per giusta causa sarebbe sostituito da un indennizzo, mentre per chi è già nel mercato del lavoro da tempo resterebbe in vigore il vecchio ‘articolo 18’. L’idea è quella di introdurre un contratto a tempo indeterminato che non goda però della protezione del reintegro dell’articolo 18, ma ciò non significa che questo verrà abolito. Infatti, si stabilirà fin dall’inizio un indennizzo in caso di licenziamento e comunque, al lavoratore che perde il posto di lavoro, saranno garantiti sia un sussidio di disoccupazione adeguato sia la possibilità di riqualificazione professionale. Nella situazione attuale i giovani vanno avanti con contratti di sei mesi in sei mesi. Il contratto a tempo indeterminato non è in discussione, ma è riservato a chi è molto richiesto e ha una professionalità particolare.
Altri punti fondamentali riguardano la necessità di semplificare il Codice del lavoro e il rilancio dei Centri per l’impiego. Quest’ultimi, rispetto ad altri Paesi dell’Ue, non funzionano adeguatamente in quanto intermediano tra il 3% e l’1% dei contratti di lavoro, hanno professionalità inadeguate e non sono collegati in modo inappropriato al mondo del lavoro. E’ necessario, poi, intervenire sul sistema complessivo di formazione del lavoro e dar luogo ad investimenti mirati e non a pioggia per far ripartire la crescita del Paese. Infine, Renzi ha annunciato che entro un mese ci sarà una piattaforma condivisa per semplificare le regole del lavoro e per modificare gli ammortizzatori sociali. Concorda con il segretario del Pd il premier Enrico Letta, il quale durante un suo breve intervento nel corso dell’assemblea, ha fatto eco alle parole di Renzi affermando che “il rilancio dell’economia italiana passa innanzitutto dal lavoro per i giovani e quindi bisogna ripartire dalla disoccupazione giovanile. Dal primo gennaio – ha poi proseguito Letta – avremo dall’Europa 1,5 miliardi di euro per creare lavoro per i giovani, la ’youth garanty’ che si affianca anche alla decontribuzione totale a chi assume questi giovani”.
Il servizio di Antonella D’Angelo
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