Nella regione Lazio è possibile osservare un andamento generale ancora in crescita da 1833 casi nel 2011 a 1895 nel 2012, con un’impennata delle denunce di patologie di sospetta origine professionale da parte delle lavoratrici 473 nel 2011 a 564 nel 2012. In diminuzione invece i casi di classiche malattie professionali, quali ad esempio le otopatie, mentre sempre in crescita appaiono quelle legate al sovraccarico biomeccanico del sistema muscolo-scheletrico nella sua più ampia accezione, con particolare riflesso nella gestione “agricoltura”, ove risultano aumentate nel complesso, ma più che duplicate per le lavoratrici da 35 nel 2011 a 75 nel 2012.
(MeridianaNotizie) Roma, 17 dicembre 2013 – Le malattie del lavoro sono anche una questione di genere? Questa la domanda della sezione dedicata al lavoro femminile nel Rapporto Annuale Regionale 2012 dell’Inail Lazio. Positiva la risposta sia a livello occupazionale, dove nonostante la crisi economica, la forza lavoro al femminile è cresciuta passando nel Lazio da 949.000 nel 2011 a 961.000 lavoratrici nel 2012, sia infortunistico, con un calo pari a quello dei lavoratori. Un campanello d’allarme arriva invece per le Malattie Professionali, dove si è interrotta la crescita esponenziale delle denunce osservata negli anni passati e ci si chiede se questo sia un riflesso della crisi economica legato al timore del coinvolgimento del datore di lavoro per la possibilità di riflessi negativi sulla conservazione dell’impiego, tenuto conto della volontarietà espressa dal lavoratore nella presentazione della domanda all’Inail. Un’ulteriore osservazione in quest’ambito, che potrebbe riportare alla paura della denuncia di una malattia professionale in tempo di crisi, è l’evidenza del calo, nel settore “in rosa” dell’industria e servizi, delle malattie da disturbi psichici, calo che non si ritrova invece nella gestione per conto stato. Tuttavia, nella regione Lazio è possibile osservare un andamento generale ancora in crescita da 1833 casi nel 2011 a 1895 nel 2012, con un’impennata delle denunce di patologie di sospetta origine professionale da parte delle lavoratrici 473 nel 2011 a 564 nel 2012. In diminuzione invece i casi di classiche malattie professionali, quali ad esempio le otopatie, mentre sempre in crescita appaiono quelle legate al sovraccarico biomeccanico del sistema muscolo-scheletrico nella sua più ampia accezione, con particolare riflesso nella gestione “agricoltura”, ove risultano aumentate nel complesso, ma più che duplicate per le lavoratrici da 35 nel 2011 a 75 nel 2012.
Tali malattie, nella loro genesi multifattoriale, rappresentano la migliore dimostrazione degli effetti negativi legati alla coesistenza, all’integrazione, alla concorrenza tra la naturale evoluzione biologica dell’invecchiamento, le condizioni di vita quotidiana e l’esposizione a fattori nocivi presenti sui luoghi di lavoro. Passando ai dati generali, così come per gli uomini, anche per le lavoratrici la fascia di età maggiormente colpita è quella compresa tra i 50 ed i 64 anni. Per Inail Lazio il quadro appare ovviamente preoccupante, tenuto conto dell’allungamento dell’aspettativa di vita, che, peraltro, per le donne è maggiore che per gli uomini, pensando non solo al riflesso negativo sulle condizioni di vita personali, familiari e lavorative dei soggetti malati, ma anche agli oneri sociali da sostenere. Per quanto riguarda gli esiti mortali di malattie professionali, dal punto di vista del genere, indicano come, anche in questo caso, la prevalenza sia a discapito dei lavoratori. Nel 2010 sono state inoltrate, all’Inail Lazio, 26 domande di rendita a superstiti in assenza di una malattia professionale già riconosciuta. Nel 2011 sono state 22 e 24 nel 2012.
Di tutte queste, sia nel 2010 che nel 2012, una sola ha riguardato una lavoratrice, mentre nel 2011 non ve ne è stata alcuna. I rischi che caratterizzano l’insorgenza delle patologie neoplastiche risalgono ad un passato, a volte troppo remoto per essere analizzato o semplicemente ricordato, quando il mondo del lavoro era spiccatamente maschile e le tutele, nonché gli obblighi legati ad esse, erano sicuramente più limitati ed avvertiti come meno cogenti.
Per tale motivo, questa prevalenza attuale non meraviglia, ricalcando peraltro la superiorità numerica rilevata nelle denunce effettuate in vita dal lavoratore, ma ciò non deve consentire di giudicare soddisfacente – ritenendo che le cause siano necessariamente, o per lo più, lontane dal mondo del lavoro – l’attuale scarsa emersione delle patologie che hanno causato il decesso delle lavoratrici. Dal Rapporto emerge comunque una riflessione conclusiva: si sta concretizzando, anche tra le lavoratrici, la presa di coscienza che la malattia può non essere un inciampo casuale nel corso della vita, ma può, in alcuni casi, avere radici fondate in ostacoli parzialmente, se non del tutto, rimovibili.
Il servizio di Mariacristina Massaro
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