(MeridianaNotizie) Roma, 10 febbraio 2014 – Sembra non essere ancora giunta alla fine la vicenda dei due fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, da due anni trattenuti in India con l’accusa di aver ucciso due pescatori, scambiati per pirati nel Kerala, il 15 febbraio del 2012. Infatti, la Corte Suprema indiana ha rinviato la decisione sul caso dei marò fissando una nuova udienza per martedì 18 febbraio per esaminare il ricorso italiano. La procura, da parte sua, ha confermato la richiesta dell’applicazione del Sua Act senza pena di morte, mentre la difesa italiana si è duramente opposta a qualsiasi ipotesi di legge antipirateria.
Molto dure sono state le reazioni del Governo italiano in merito, che chiede all’India chiarezza e la formulazione di accuse specifiche nei confronti dei due militari. “Inaccettabile l’imputazione proposta dalle autorità indiane. L’uso del concetto di terrorismo da rifiutare in toto, l’Italia e l’Ue reagiranno”. Così il premier Enrico Letta su Twitter ha commentato la richiesta, giunta dalla Procura indiana, di applicare la legge antiterrorismo nei confronti dei due marò. Il capo d’imputazione presentato in India dall’Attorney General, che prevede di giudicare il caso dei due marò “sulla base della legge antipirateria è assolutamente sproporzionato e incomprensibile: assimila l’incidente a un atto di terrorismo. L’Italia non è un Paese terrorista”, ha sottolineato una nota di Palazzo Chigi. Da Bruxelles il ministro degli Esteri, Emma Bonino ha affermato che “I marò non sono terroristi né pirati e l’accusa sulla base della legge sul terrorismo è assolutamente inaccettabile, ciò significherebbe che l’Italia è un Paese terrorista. Vogliamo che la Corte tra una settimana prenda atto dell’inaccettabilità e dell’irragionevolezza totale di questo capo d’accusa”. A chi chiede se tra le possibili reazioni dell’Italia nel caso marò potrebbe esserci un ricorso davanti al tribunale Onu per il diritto del mare, la Bonino ha risposto che “queste sono strade eventuali, tutto è sul tappeto. E penso anche che forse non è il caso di rendere pubbliche tutte le carte che abbiamo”.
In mattinata a New Delhi è arrivato anche il ministro della Difesa Mauro, per essere accanto ai due fucilieri di Marina. Nell’udienza il giudice Chauhun ha ascoltato la pubblica accusa, che ha confermato la richiesta dell’applicazione nella vicenda della legge per la repressione della pirateria (Sua Act), anche se in una versione ‘light’. Infatti, la Procura generale indiana ha deciso di appellarsi ad un altro articolo del Sua Act che non prevede la pena di morte, ma ipotizza un’accusa per violenze che comporta fino a dieci anni di carcere. Categorica è stata l’opposizione ad essa da parte dell’avvocato della difesa italiana Mukul Roahtgi. L’avvocato difensore ha annunciato la presentazione di una specifica memoria di opposizione all’applicazione del Sua Act per il processo dei marò, chiedendo che la Corte Suprema, nella seduta del 18 febbraio, “decida di portare il caso nella sua corretta dimensione”, in linea “con la sentenza del 18 gennaio” della stessa Corte “che ha escluso la Sua”, e annuncia che “il Governo italiano si riserva di assumere ogni iniziativa”. Infine, l’inviato del Governo Staffan de Mistura ha affermato che “è stata riproposta con forza la richiesta del rimpatrio dei marò in attesa di una soluzione sul processo”. Rispondendo a una domanda sulla possibile applicazione di una legge antiterrorismo al loro caso, Massimiliano Latorre ha affermato: “E’ un’accusa che ci fa molto male non solo come militari, ma anche come genitori e uomini. Come militare professionista italiano che combatte la pirateria questo mi rammarica molto”.
Il servizio di Antonella D’Angelo
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