Si vocifera che l’intero edificio sarà riconvertito in un albergo a 5 stelle.
(Meridiana Notizie) Roma, 27 novembre 2014 – Incatenati davanti le porte del Caffè Pace proprietari e dipendenti hanno manifestato contro l’imminente chiusura dell’attività. Lo storico bar gestito dalla famiglia Serafini da oltre 50 anni è sotto sfratto esecutivo. A chiederne la chiusura è il Pontificio istituto teutonico di Santa Maria dell’Anima, proprietario dello stabile. Si vocifera che l’intero edificio sarà riconvertito in un albergo a 5 stelle.
A parlare Giulio Anticoli, presidente dell’associazione Botteghe Storiche di Roma e Cna Città storica e la proprietaria Daniela Serafini. “L’intervento c’è stato per i cinema storici, non vedo perché non per il Caffè della Pace, che potrebbe diventare un albergo. Comunque, di fatto, sparirebbe uno dei fulcri culturali della città di Roma, dove ancora si riuniscono poeti. Marino? Non si è pronunciato, abbiamo consegnato 40.000 firme senza risposta, chiesto un tavolo con la proprietà ma ancora senza nessun seguito”. E la signora Serafini fa notare: “In questo momento così particolare di crisi, qui ci sono 25 famiglie che vanno in mezzo alla strada da un giorno all’altro. Sono oltre 50 anni che siamo qui e ora stiamo vivendo un dramma”. “Speriamo – aggiunge – che l’Unesco e il ministro Franceschini rispondano ai nostri appelli. Intanto abbiamo raccolto oltre 40.000 firme, ma forse non è servito a nulla, perché le istituzioni locali e nazionali ancora non hanno preso in considerazione la volontà dei romani. Si parla di salvare le botteghe storiche, ma al momento opportuno non si è fatto nulla”.
In sostegno del Caffè sono giunti sul posto Luca Aubert e Simona Baldassarre, consiglieri della Lega dei Popoli con Salvini al Municipio I Roma Centro. “Ormai è questione di tempo e poi anche sull’antico Caffè della Pace, come già accaduto ad altre botteghe storiche della capitale, calerà il sipario. Questa mattina siamo qui, siamo scesi in piazza per esprimere la nostra solidarietà alla famiglia Serafini, ai suoi dipendenti e per evitare che i locali del centro storico, pieni di fascino, storia e cultura si trasformino in ambienti freddi e moderni pronti ad ospitare fast food o show-room di grandi griffe internazionali”.
“Marino e la Alfonsi si sono fatti vivi, è vero – proseguono i consiglieri – ma a parte la sfilata e le foto di rito non hanno fatto nulla per bloccare lo scempio che si sta consumando ai danni delle antiche botteghe del centro storico. Ormai abbiamo la consapevolezza che la maggioranza di questa città è inerme di fronte ai concreti bisogni dei cittadini”.
Il servizio di Diana Romersi
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