Alla vigilia della Giornata Mondiale della Talassemia, che si celebra l’8 maggio, UNITED – Unione Associazioni per le Anemie Rare la Talassemia e la Drepanocitosi e SITE – Società Italiana Talassemie ed Emoglobinopatie presentano la prima indagine italiana sul carico della malattia, condotta sui pazienti talassemici e i loro medici curanti da Fondazione ISTUD, con il contributo non condizionato di Novartis.
(MeridianaNotizie) 6 maggio 2016 – Un modello efficiente e vincente di assistenza alla talassemia, che insieme alle terapie garantisce sopravvivenza e qualità di vita a circa 7.000 pazienti italiani, è messo a rischio dalla contrazione delle risorse e dalla disgregazione delle professionalità impegnate nei Centri esperti, gli unici in grado di assicurare la continuità delle cure per la malattia e le sue complicanze.
A lanciare l’allarme, a ridosso della Giornata Mondiale della Talassemia che si celebra l’8 maggio, sono le Associazioni dei pazienti federate in UNITED (Unione Associazioni per le Anemie Rare la Talassemia e la Drepanocitosi) che insieme a SITE (Società Italiana Talassemie ed Emoglobinopatie) hanno promosso la prima indagine mai realizzata in Italia sul “carico” complessivo della malattia talassemica: l’indagine “Il valore per la persona con Beta Talassemia Major”, curata dalla Fondazione ISTUD e realizzata con il contributo non condizionato di Novartis, ha coinvolto in modo parallelo i pazienti talassemici e i loro medici curanti per rilevare criticità, bisogni e aspettative legate al processo di cura.
Dai questionari, integrati da brevi narrazioni autobiografiche dedicate ai vissuti emozionali, emerge come oggi la talassemia, per quanto resti una malattia cronica e con un percorso terapeutico impattante sulla quotidianità, si può vivere con un’attesa di vita più duratura e soprattutto di qualità: le persone con talassemia “pensano positivo”, lavorano, mettono su famiglia, traguardo impensabile fino a pochi anni fa. Ma pazienti e medici condividono la preoccupazione per il possibile venir meno dei Centri esperti, legato anche al mancato ricambio generazionale di professionisti formati ad hoc per queste patologie.
Nei circa 30 Centri di cura italiani i pazienti compiono l’intero percorso diagnostico-terapeutico dalle trasfusioni fino alla gestione delle eventuali gravi complicanze come la cardiopatia, le endocrinopatie, l’epatopatia. Spesso però sono seguiti da un unico medico che nello spazio di una stessa mattinata deve occuparsi di più attività con tempi di attesa considerati inaccettabili e scarsamente rispettosi delle necessità delle persone. «La terapia richiede un approccio multidisciplinare e solo i Centri possono catalizzare diversi specialisti con le competenze necessarie per affrontare la complessità di questi pazienti e le varie complicanze della malattia. È scientificamente evidenziato come la prognosi della patologia cambi drammaticamente in peggio se non si è seguiti presso centri specialistici – afferma Gian Luca Forni, Presidente SITE – oggi purtroppo la rete organizzativa creata negli Anni ’60 che ha portato al raggiungimento di obiettivi che hanno pochi riscontri nel campo sanitario sta andando incontro a un processo di disgregazione: il mantenimento di questo sistema non comporta un aggravio delle spese, mentre smantellarlo significherebbe senza dubbio aumento dei costi sociali e per il Servizio Sanitario Nazionale».
«Parte dei medici interpellati, a proposito delle criticità percepite presso i Centri di riferimento, parla di ritmi di lavoro stressanti, difficoltà a dedicare al paziente il tempo ritenuto opportuno, rischio percepito di riduzione della qualità delle prestazioni e delle aspettative professionali, auspicio di maggior riconoscimento da parte delle dirigenze – afferma Paola Chesi, Ricercatrice Area Sanità e Salute della Fondazione ISTUD – ma, a dispetto delle difficoltà, la motivazione professionale rimane forte e il valore più importante che emerge dal vissuto dei medici è proprio la relazione con i pazienti, anche se si avvertono segnali di stanchezza, esaurimento e tensione».