(MeridianaNotizie) Pomezia, 2 marzo 2019 – Un corso di “Team Building” propone una serie di attività atte a sviluppare qualità comunicative in un clima di fiducia, di cooperazione e collaborazione tra i membri di un determinato gruppo. E se spesso, questo termine viene avvicinato alla trasformazione di un “gruppo” in una “squadra” di lavoro dove ognuno si mette a disposizione dell’altro con l’obiettivo comune di raggiungere un determinato risultato, in realtà, il “Team Building”, può essere di grande utilizzo per conoscere le dinamiche comunicative e relazionali affettive che entrano in gioco in ogni tipologia di gruppo: da quello Familiare, a quello dei pari, così come nello sport, nella politica, nella scuola, ecc. ecc..
Tutti noi condividiamo spazi con i nostri simili, anche più ore al giorno (famiglia, scuola, lavoro, sport, amicizie) e comprendere quali meccanismi inconsci si innescano mentre interagiamo con altre persone, ci rafforza ulteriormente, facendoci prendere coscienza di alcuni aspetti del nostro modo di essere, di pensare e fare, quando ci troviamo in un gruppo.
Ieri sera, presso l’Academy NLS di Pomezia, scuola di Alta Formazione, uno dei tanti docenti di eccezione di cui l’Accademia può vantare, Danilo Carboni, ha proposto il corso “Team Bulding: Come costruire un Team Vincente”.
Attraverso esempi pratici, magistralmente, condotti da Carboni, quest’ultimo ha spiegato quali sono le caratteristiche di base, per fare il focus su un gruppo e determinare quali sono gli aspetti di cui prendere coscienza per trasformarlo in una squadra.
Si è partiti dalla breve spiegazione di come un gruppo ed una squadra, termini apparentemente simili, rappresentino in realtà, due condizioni molto diverse tra loro.
Quando parliamo di gruppo, ci riferiamo ad un determinato numero di persone che svolgono attività simili tra loro, condividendo lo stesso spazio/ambiente, procedendo in modo individuale e non dipendente da un’altra persona.
Invece, se parliamo di squadra, questa è formata da persone, congiunte e connesse tra loro che lavorano tutte insieme per il raggiungimento di un obiettivo ed il loro risultato dipende dalla collaborazione di tutti i membri del Team (Squadra). L’aspetto individuale, in questo caso, lascia il posto ad un lavoro collettivo, dove ci si avvale delle conoscenze e competenze specifiche di ognuno al fine di ottenere il massimo risultato con il massimo del potenziale che ognuno può esprimere all’interno della squadra stessa.
Per definire meglio tale concetto, potremmo utilizzare la frase di Manfred F. R. Kets de Vries, che recita così: “Per quanto una persona possa essere talentuosa, nessuno possiede tutte le abilità necessarie per fare al meglio ogni cosa, anche se siamo capaci di fischiettare una melodia, non possiamo fischiare un’intera sinfonia da soli.”
Nel corso del Workshop, Danilo Carboni ha spiegato in modo semplice, le quattro aree di cui i membri di un gruppo devono prendere coscienza, per organizzarsi se intendono diventare una squadra.
Le 4 aree prese in esame sono: Cosa conosco io di me e cosa conoscono gli altri di me? (definita Area Pubblica) – Cosa conosco io di me e cosa non conoscono gli altri di me? (Area Privata) – Cosa io non so di me e cosa non sanno gli altri di me? (Area Cieca) – Cosa io non so di me e cosa non sanno gli altri di me? (Area d’Ombra).
Per meglio comprendere la differenza tra un gruppo ed una squadra, Danilo Carboni ha coinvolto i presenti in alcuni giochi da fare a piccoli gruppi che, apparentemente, sembravano non avere attinenza con il tema della serata, poi, quando il docente ha spiegato la loro utilità, tutti coloro che hanno partecipato, hanno consapevolizzato le dinamiche comunicative e relazioni che entrano in atto, inconsciamente, quando ci si trova a condividere insieme ad altri, una qualsiasi attività e come sia possibile, attraverso l’osservazione delle proprie single azioni e di quelle degli altri, per mezzo anche di feedback che ognuno poteva esprimere pubblicamente a tutto il gruppo aula, in base all’esperienza vissuta.
In sintesi, lo scopo del lavoro in aula è stato quello di rendere un gruppo una squadra, partendo dalla consapevolezza delle risorse e del potenziale che ogni singolo membro dello stesso gruppo può mettere in campo; sentirsi parte in causa di un unico progetto e mettersi a disposizione della causa comune per il raggiungimento dell’obiettivo; tenere in considerazione le varie personalità e le dinamiche psicologiche di ognuno che possono deviare i partecipanti dai compiti assegnati.
La squadra deve lavorare come un unico blocco, un unico pensiero, un’unica azione, nel rispetto, delle diversità che a questo punto non sono più motivo di divisione e insoddisfazione, bensì, comunione e soddisfazione di ogni singolo membro che ha contribuito a far ottenere alla squadra, l’obiettivo che si era prefissata di raggiungere.
Nel finale, a dimostrazione di come si è costruito in breve tempo, anche tra persone che si erano conosciute in occasione del workshop, c’è stata la prova di fiducia. Questa pratica si svolge mettendo le persone due a due, in coda le une dalle altre, fino a formare una fila che può arrivare anche a dieci metri (dipende dalle persone che ci sono in sala), dopodiché, ad uno ad uno, si sale su un tavolo posto all’inizio della fila e ci si lascia andare all’indietro, facendosi sostenere e trasportare con le mani, dalle persone che sono in fila, fino in fondo.
Questa prova (metafora) dimostra, concretamente, come dopo solo tre ore di workshop, le persone si fidino una dell’altra e questo, è lo spirito che anima una squadra rispetto ad un semplice gruppo di persone.
Massimo Catalucci