La mancata elezione di Tozzi alle ultime europee è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso in Fratelli d’Italia. Dalla provincia romana l’idea dei comitati pro Fabio Rampelli
- articolo di Massimo Catalucci
Dopo l’inaspettato risultato negativo alle europee che ha visto la mancata elezione di Stefano Tozzi (espressione del gruppo legato a Rampelli) i fedelissimi del fondatore dei “Gabbiani”, rivendicano il proprio dissenso nei confronti dell’altra corrente interna al partito di Fratelli d’Italia, quella meloniana.
Gli attriti tra i due gruppi sono evidenti da qualche anno, inutile negarlo, anche se c’è da dare atto a Fabio Rampelli di aver sempre protetto l’idea di unità del partito, manifestando la compattezza delle correnti che lo compongono e che, inevitabilmente, esistono all’interno di un movimento politico.
D’altra parte, chi conosce e segue da anni l’attuale Vice Presidente della Camera dei Deputati, sa bene qual è il suo pensiero: “Sono un soldato e faccio quel che mi dicono” – riferendosi alla lealtà da lui espressa nei confronti del suo partito.
Ma la lealtà di Fabio Rampelli, evidentemente, non è stata sempre ripagata con la stessa moneta e seppur il suo nome è apparso più volte come possibile candidato al vertice di un’istituzione importante, in corsa, il suo partito ha optato sempre per altri nomi: dalla candidatura a Sindaco di Roma alle ultime amministrative del 2021, dove ha dovuto lasciare il passo a Enrico Michetti; alle politiche del 2022, quando, dopo il successo dei consensi popolari ottenuto da Fratelli d’Italia, che proiettava Giorgia Meloni alla guida del nuovo Governo, gli fu proposto il ruolo di Vice Presidente della Camera dei Deputati. Figura istituzionale, quest’ultima, importante, rappresentativa e garante della nostra costituzione, ma non espressione di un progetto politico come può essere quella di un Ministro che ha potere esecutivo.
Così come le regionali nel Lazio dello scorso anno, dove tra i possibili nomi candidabili alla guida del Governo locale, in Fratelli d’Italia si fece ancora una volta il nome di Fabio Rampelli…Ma sappiamo poi, come andò a finire.
Per arrivare a quest’ultima partita elettorale delle europee 2024, dove la compattezza di una squadra coesa in Fratelli d’Italia, sempre difesa dal “Gabbiano” Rampelli, ha mostrato delle crepe, da cui è fuoriuscita quella “goccia che ha fatto traboccare il vaso”, per usare una metafora, che fotografa l’attuale situazione e la spaccatura evidente già da qualche anno dei due schieramenti interni al partito, con i rampelliani che in quest’ultima occasione lamentano la mancata lealtà da parte dei meloniani a cui attribuiscono le responsabilità della non elezione del loro candidato Stefano Tozzi.
Sappiamo che i due candidati, Procaccini e Tozzi, accompagnavano la candidatura di Giorgia Meloni, per cui la squadra avrebbe dovuto lavorare in funzione delle tre candidature che, a prescindere dalla leadership del presidente del consiglio dei ministri che si sapeva avrebbe sbancato, le altre due candidature venivano considerate blindate dal partito stesso nella circoscrizione del centro Italia in cui si presentavano: Toscana, Marche, Umbria e Lazio, per cui l’epilogo, vista anche l’ascesa continua di Fratelli d’Italia in ragione dei consensi popolari, sembrava scontato.
E invece, ecco il “patatrac”: laddove il risultato ha rispecchiato le aspettative nel successo personale di Giorgia Meloni (circa 650.000 preferenze), la differenza tra Procaccini e Tozzi è risultata essere, evidentemente, troppo alta: poco più di 123.000 le preferenze per il primo e vicino alle 38.000 il secondo.
Questo dato, ha fatto scattare la molla del dissenso da parte dei rampelliani verso l’altra corrente interna a FdI e al contempo, ha dato luogo alla manifestazione di un malcontento da parte di chi si è sentito tradito, che fa riemergere anche dalle radici del passato il malcontento di una gestione del partito non conforme alla linea che il suo “gabbiano” fondatore, aveva abbracciato fin dalla nascita di Fratelli d’Italia.
Linea di pensiero che si fonda nella lealtà e nel rispetto dei ruoli e degli accordi predefiniti, oltre che in tutti quegli ideali politici e culturali, impressi nello statuto del partito stesso ma prima ancora nei cuori dei rampelliani che, interpretando il pensiero del loro “faro ispiratore”, da buoni soldati, si sono sempre allineati alle direttive da seguire.
Ed ora qualcosa, probabilmente, accadrà.
L’idea dei comitati pro Fabio Rampelli
L’evidente manifestazione di dissenso dei rampelliani, parte dalla provincia romana, dove emergono evidenti divergenze all’interno del partito, soprattutto per le scelte fatte in alcuni territori, dove lamentano una certa vicinanza politica di alcuni eletti consiglieri comunali di Fratelli d’Italia con il Partito Democratico.
