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    Home » Dazi, Scocchia (illycaffè): “Non è disfatta, evitata guerra commerciale che avremmo perso”
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    Dazi, Scocchia (illycaffè): “Non è disfatta, evitata guerra commerciale che avremmo perso”

    Fabrizio GerollaBy Fabrizio Gerolla1 Agosto 2025Nessun commento1 Views
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    (Adnkronos) – L'accordo tra Usa e Ue sui dazi al 15% "non è una vittoria né un pareggio, ma non è una disfatta" perchè "si è evitata una guerra commerciale che poi avremmo comunque perso". In una lunga intervista con Adnkronos/Labitalia
    , Cristina Scocchia, ad di illycaffè, storico marchio del caffè made in Italy con una forte quota di export negli Usa, analizza l'intesa sui dazi e parla dei possibili effetti sul business di illycaffè. Al centro del colloquio anche la 'tempesta perfetta' nel mercato del caffè, l'andamento dei prezzi, la conferma degli investimenti e le ultime novità sulla quotazione in Borsa.  Usa e Ue hanno raggiunto un'intesa sui dazi al 15% per i prodotti europei che doveva partire da oggi, 1° agosto, ma che in realtà prenderanno il via il 7 agosto. Come giudica l'accordo? Io sono una persona molto pragmatica, non penso certo che questa sia una vittoria, e neanche un pareggio. Però non penso che sia una disfatta, nel senso che dobbiamo essere anche obiettivi. Le forze in campo erano molto diverse. Da una parte, abbiamo gli Stati Uniti, che sono uno Stato, con una leadership politica chiara, con indipendenza energetica, militare e tecnologica. Noi invece, dall'altra parte, abbiamo un'Europa che non è uno Stato, ma è tanti Stati insieme. Un insieme di Stati con una governance ancora poco chiara e farraginosa, e senza una leadership forte e condivisa. Infatti, su molte tematiche e anche sui dazi abbiamo visto e vediamo posizioni discordanti tra i vari paesi, Francia, Germania, Italia, in primis. Quindi non siamo uno Stato unico, non abbiamo una leadership europea forte. E poi non siamo indipendenti dal punto di vista energetico, non siamo indipendenti dal punto di vista militare e della difesa, non siamo indipendenti neanche dal punto di vista della tecnologia, soprattutto la tecnologia digitale e dell'intelligenza artificiale, dove dipendiamo dagli americani, quindi è ovvio che se le forze in campo sono così dispari, mi viene in mente Tucidide con Atene contro Melo, a un certo punto, per non finire come Melo, bisogna anche essere razionali e ripiegare in maniera pragmatica e ordinata. Quindi non è una vittoria, non è neanche un pareggio, è un ripiegamento, però non è una disfatta. La disfatta vera, secondo me, sarebbe stata andare allo scontro con gli Stati Uniti, iniziare una guerra commerciale che poi avremmo comunque perso, perché, ripeto, noi non siamo indipendenti, loro sì, e in più avremmo logorato quella partnership politica, morale e valoriale che lega le due anime dell'Occidente. E questo, secondo me, sarebbe stata la disfatta vera, logorare questa partnership che fa dell'Occidente quello che è, ovvero un'unione tra le due parti dell'Oceano. Scendendo nel concreto, come pensa che impatterà questo provvedimento sul vostro business negli Usa? Quanto pesa il mercato americano sul vostro bilancio? Gli Stati Uniti pesano per noi il 20% del business. Al momento non sappiamo ancora se ci saranno delle eccezioni sui dazi, delle esenzioni su alcune categorie merceologiche che riguardano i settori agricoli. Non sappiamo ad esempio se settori come il caffè o eventualmente il cacao saranno esclusi da questi dazi. Siamo in attesa di sapere e di capire meglio. Ieri abbiamo visto come tutti una dichiarazione del ministro Usa del Commercio Lutnick che in un'intervista alla Cnbc dichiarava che alcuni prodotti che non vengono coltivati nel mercato americano come ad esempio il cacao e il caffè potrebbero, ha usato il condizionale, essere esclusi. Da allora però non abbiamo più sentito niente. È ovvio che già aver assorbito i dazi al 10% è stato difficile, se saranno poi al 15% sarà ancora più difficile per noi assorbirli. Però cercheremo di agire su due fronti, da un lato aumentare i prezzi al consumo perché dobbiamo porre un limite a quanto possiamo comprimere i nostri margini e dall'altra stiamo valutando da diversi mesi ormai la possibilità di produrre una parte di quello che poi commercializziamo sul mercato americano direttamente su quel mercato, e mi riferisco per esempio agli Energy Drinks che sono poi il prodotto che più viene amato degli americani. E' un progetto che va avanti anche perché è un progetto strategico che è accelerato certamente dai dazi, ma non dipende esclusivamente dai dazi. Noi infatti compriamo il caffè in nove paesi equatoriali, spediamo tutto a Trieste, a Trieste tostiamo e trasformiamo il prodotto e dopodiché lo rispediamo dall'altra parte dell'Oceano per andare negli Stati Uniti. Anche il trasporto Brasile-Trieste e Trieste-Stati Uniti è un costo logistico importante per l'azienda, in più crea un impatto sull'ambiente perché questi trasporti ovviamente emettono poi CO2. E quindi, per ragioni di efficienza della logistica e anche di sostenibilità, è giusto che un'azienda come noi che è sempre più globale, perché ormai ha all'estero il 70% del proprio mercato, inizi a ragionare su una scelta di questo tipo. E' ovvio poi che i dazi hanno accelerato queste nostre riflessioni. In questa condizione di incertezza quale è la situazione che state affrontando sul mercato del caffè? Quale ad oggi l'andamento del costo della materia prima? Il caffè verde purtroppo continua ad avere una quotazione molto alta, la spinta inflattiva non si sta attenuando, oggi siamo intorno ai 300 centesimi per libra. Certo, rispetto a quando era arrivato a 439, è ovvio che c'è stata una riduzione anche apprezzabile, però noi dobbiamo tenere presente che il prezzo medio era 100-130, quindi comunque anche oggi stiamo parlando di un costo della materia prima tre volte superiore alle medie storiche, quindi un aggravio dei corsi di produzione molto importante per noi. Diciamo che il settore tra dazi e costo della materia prima è sotto pressione. Noi come azienda, come illycaffè, stiamo reggendo molto bene, abbiamo appena chiuso un primo semestre comunque in forte crescita, più 11% di fatturato, più 4% di Ebitda e più 9% di utile netto. Diciamo che abbiamo chiuso un semestre positivo nonostante la tempesta perfetta. E la cosa che per me è più importante è che siamo cresciuti in tutti i mercati: l'Italia ha fatto +12%, l'Europa +25%, gli Stati Uniti +21%, quindi una crescita veramente globale. Visti gli aumenti del costo della materia prima avete ritoccato i prezzi al consumo dei vostri prodotti in questi mesi? Avete in programma di fare altri aumenti? Abbiamo rivisto i prezzi però in maniera molto contenuta, infatti di questa crescita del fatturato dell'11% di cui accennavo prima, due terzi è legato a una crescita di volume e solo un terzo è una crescita di valore dovuta all'aumento dei prezzi. Quindi abbiamo trattenuto su di noi la maggior parte dell'aumento dei costi di produzione, non volevamo riversarli a valle sui consumatori e quindi vedere i volumi che ci spingono per circa il 7%-7,5% di quell'11% significa che alzare i prezzi in maniera bilanciata e non aggressiva è stata la scelta giusta per un brand come il nostro. Adesso ovviamente controlleremo la situazione, non abbiamo in piano aumenti ulteriori di prezzo per quest'anno però ovviamente queste decisioni devono essere poi riviste mensilmente perché in un contesto volatile come questo quello che diciamo oggi potrebbe non essere più la soluzione migliore a settembre e ottobre. Per ora però le confermo che per quest'anno non abbiamo altri aumenti di prezzo all'orizzonte. A che punto siete per la quotazione in Borsa? Io credo che la quotazione sia un evento unico nella vita di un'azienda e che va realizzato quando l'azienda se lo può permettere e quando ci sono le condizioni di mercato giuste. Noi in questo momento abbiamo risultati molto forti per cui potremmo essere pronti, dal punto di vista aziendale, per la quotazione. Però questa è una condizione necessaria e non sufficiente. È anche necessario che ci sia una finestra macroeconomica giusta per la quotazione e decisamente questa non lo è, con tutte queste tensioni, con i riverberi che le politiche protezionistiche hanno sui mercati. Quindi in questo momento abbiamo deciso di posticipare la quotazione, non pensiamo avverrà nel 2026, monitorizzeremo durante il 2026 quello che è il contesto e se sarà possibile a quel punto decideremo quando quotarci. Quindi è un progetto che per adesso è stato rimandato a causa di un contesto onestamente sfavorevole. illycaffè conferma comunque gli investimenti previsti, a partire da Trieste?  Assolutamente, questo per me è molto importante perché in salita si accelera, come dico sempre: il futuro va costruito, non va atteso e quindi è proprio in questi momenti di grande incertezza che bisogna trovare il coraggio di investire. Si tratta di coraggio perché quando i margini sono in compressione per l'aumento dei costi della materia prima e per i dazi, ovviamente, ci vuole coraggio ad investire, però noi questo coraggio ce l'abbiamo. Abbiamo confermato i 120 milioni di investimento a Trieste, siamo a buon punto con il completamento della tosteria che dovrebbe essere pronta nei prossimi 6-9 mesi. Proprio adesso, a partire dal primo di agosto, stiamo costruendo una nuova linea di produzione per i 250 grammi che sono il nostro prodotto più iconico e grazie a questi progetti di ampliamento della capacità produttiva abbiamo assunto direttamente 100 persone negli ultimi 6 mesi. Questo è un segno concreto non solo di quanto vogliamo investire in Italia e a Trieste in particolare, ma anche di quanto questo poi abbia un riverbero positivo sull'occupazione. (di Fabio Paluccio) —lavoro/[email protected] (Web Info)

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