(Adnkronos) – Gli occhi 'terribilis' del Volto Santo sono tornati a brillare. Sono gli occhi di un Cristo vivo, un 'Christus triumphans', vittorioso sulla morte e sul male. È terminato il restauro del Volto Santo, il monumentale crocifisso ligneo policromo conservato da oltre mille anni nella Cattedrale di Lucca. L'intervento ha portato alla scoperta di numerose informazioni sulla tecnica costruttiva e sui materiali di cui è fatta la scultura ed ha svelato la bella policromia nascosta sotto una ridipintura scura, restituendo al Volto Santo l'aspetto che aveva dal IX al XVII secolo. Il Volto Santo di Lucca è uno dei tre più antichi crocifissi lignei d'Occidente e il meglio conservato: tutti i risultati delle indagini diagnostiche, eseguite sull’opera, concordano nel datarlo al IX secolo. Il restauro, interamente finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, è stato promosso dall'Ente Chiesa Cattedrale di San Martino e diretto dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze sotto l'Alta sorveglianza della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Lucca Massa Carrara e Pistoia. Da sabato 13 settembre, il mese tradizionalmente dedicato dalla città di Lucca ai solenni festeggiamenti in onore della Santa Croce, sarà possibile vederlo, per la prima volta, dopo la fine del restauro. Il Volto Santo rimarrà esposto fino all'estate 2026 nel cantiere di restauro nella Cattedrale per dare la possibilità di ammirarlo in una maniera unica e irripetibile, per poi essere ricollocato nel tempietto marmoreo di Matteo Civitali (in restauro dopo la scoperta al suo interno di antichi affreschi) che dal 1484 lo ospita. La mattina del 13 settembre, dalle ore 10:00, si terrà la cerimonia (aperta a tutti) di restituzione del Volto Santo con la preghiera e la benedizione di monsignore Paolo Giulietti, arcivescovo di Lucca. Il restauro, diretto dal Settore di restauro Sculture lignee policrome dell’Opificio delle Pietre Dure ed eseguito da Francesca Spagnoli, si è reso necessario per lo stato di degrado dell’opera. Le attività sono durate più di tre anni: dopo la complessa movimentazione e una fase conoscitiva di indagini diagnostiche (2022-2023) è seguito il restauro (2023-2025). Le preziose informazioni raccolte hanno permesso di orientare l’intervento e in particolare le scelte più impegnative: la separazione del Cristo dalla croce per consentire di operare sulle parti interne dell’opera e la rimozione dello strato superficiale a cera pigmentata e della sottostante ridipintura, nera sulla veste e color mattone sugli incarnati, che ricoprivano il Volto Santo (250 cm di altezza per 270 di larghezza e 40 di profondità) e la croce (442 x 286 cm). Sotto una cromia superficiale scura, stesa sulla scultura e sulla croce a partire dal XVII secolo, in maniera non uniforme nelle diverse parti, sono tornati visibili gli incarnati del volto, delle mani e dei piedi del Cristo; le decorazioni in foglia oro del bordo delle maniche e dell’orlo della veste; quella raffinata del girocollo (forse quattrocentesca); la colorazione giallo-bruna dei capelli e della barba. La veste è adesso di colore blu scuro, una stesura costituita da lapislazzuli di altissima qualità e in buono stato di conservazione. Al di sotto di questa, sono state rinvenute tracce di due ulteriori strati della stessa cromia. I campioni stratigrafici mostrano come nel tempo il colore blu e le dorature della veste fossero ripetute. Sulla croce del Volto Santo, antica come il Cristo, anch’essa soggetta nel tempo a ridipinture, è stato recuperato un prezioso “alfa e omega” in foglia oro su fondo azzurro e la testimonianza dell’esistenza di almeno due policromie precedenti, nei toni del rosso e del blu, arricchite da motivi decorativi a fasce e a palmette. Il restauro ha riservato anche un’altra emozionante scoperta: la pasta vitrea di cui sono fatti gli occhi del Volto Santo fu realizzata rifondendo vetri di epoca romana. Se le pupille di colore blu profondo erano già visibili, la sclera bianca era coperta da una pittura di bianco di zinco ottocentesca, che è stata rimossa. Sull’occhio sinistro la sclera presentava una lacuna su cui si è intervenuti con una integrazione in resina. L’intervento ha permesso di restituire allo sguardo del Volto Santo la sua profonda espressività. Uno sguardo penetrante di cui tutti parlano fin dall’antichità, definendolo 'terribilis'. Il Volto Santo è l'unica scultura lignea dell’epoca, ancora esistente, con gli occhi di pasta vitrea. La separazione del Cristo dalla croce, risultata coeva, effettuata senza azioni distruttive, ha permesso di conoscere la tecnica costruttiva e scoprire le specie legnose di cui è fatta la scultura. È stato possibile, inoltre, conoscere il sistema originale di ancoraggio, costituito da sei perni in legno di quercia e cedro, e progettare la struttura in metallo di rinforzo. Il Volto Santo – comprese testa e gambe – è ricavato dall’intaglio di un unico tronco di legno di noce. La testa, molto sporgente rispetto al corpo, è ricavata nella parte del tronco verso la radice dell’albero, le gambe corrispondono alla parte rivolta alla chioma. Il Cristo è svuotato sul retro in tutta la sua lunghezza, come era norma per le sculture lignee riducendone lo spessore e attenuando così le dannose dilatazioni del legno, e la nuca è chiusa da un coperchio ligneo, in passato rivestito di tessuto rosso, dove probabilmente venivano poste le reliquie. La croce è stata realizzata impiegando due specie legnose differenti: il braccio verticale è in legno di castagno, mentre quello orizzontale è in abete bianco. Anche il grande nimbo (la cui datazione è ancora in corso di studio), che circonda il Volto Santo (circa 240 cm di diametro) a forma di semicerchio era ricoperto da uno spesso strato di colore scuro, identificato come una gomma vegetale alterata. Adesso è possibile ammirarlo in tutta la sua bellezza: su un supporto di legno sono state poste 14 lastre d’argento sbalzato e cesellato con cherubini, entro nervature a rilievo dorate, con incastonate 384 gemme in pasta vitrea di colore verde smeraldo e rosso rubino molto intensi, al cui centro è posto un fiore a quattro petali in argento. Alle estremità inferiori sono fissati due gigli in lamina di rame dorata. Nel 2020, per la celebrazione dei 950 anni dalla rifondazione della cattedrale lucchese, tre campioni del legno di noce, nel quale è intagliato il Volto Santo, e un frammento di tela furono sottoposti per la prima volta, dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Firenze (Infn), alle indagini con il Carbonio 14 dando come risultato una datazione tra la fine dell’VIII e la fine del IX secolo (fino ad allora il Volto Santo era ritenuto dagli studiosi un’opera del XII secolo, replica di un originale più antico andato perduto). Durante il restauro appena terminato, i risultati delle analisi diagnostiche convergono tutte nel datarlo al IX secolo. In particolare le indagini dendrocronologiche, eseguite dal Laboratorio Ibe-Cnr di Firenze, sul legno della croce coeva al Cristo, hanno potuto attestare con precisione una datazione all’860 con un margine cronologico di scostamento di poco oltre. “E’ una data che trova conferma anche nella tipologia del Volto Santo, spiega Anna Maria Giusti, consulente storico artistica per il complesso museale e archeologico della Cattedrale di Lucca e per il restauro del Volto Santo – che ha stringenti affinità con il Crocifisso del Duomo di Sansepolcro, anche questo assegnato al IX secolo dalle indagini con il Carbonio 14. Analoga datazione è stata diagnosticata per un Crocifisso conservato in Belgio a Tancrémont e proveniente da un’abbazia di fondazione carolingia. Crocifissi di questo tipo, perduti ma ricordati nei documenti, si concentrarono numerosi nei territori dell’Impero di Carlo Magno, di cui anche Lucca fece parte dal 774, e non è da escludere che si possa ipotizzare la provenienza del Volto Santo da quell’ambito carolingio, che fu epicentro di una straordinaria fioritura artistica". "Sono diversi i motivi per cui il restauro del Volto Santo può definirsi un evento per la Chiesa di Lucca – afferma mons. Paolo Giulietti, arcivescovo di Lucca – quello più eclatante è senz’altro la restituzione dell’immagine all’aspetto originario, piuttosto differente da quella cui i lucchesi erano abituati da alcuni secoli a questa parte. L’operazione, oltre all’indubbio valore filologico, porta a rafforzare le valenze simboliche della sacra immagine, legata al modello del Christus triumphans, il Crocifisso vittorioso sul male e sulla morte. I colori della veste, dell’incarnato e della stessa croce, infatti, liberati dalla patina di nera austerità depositata dal tempo e dagli uomini, tornano a proclamare quanto il Risorto afferma nel dialogo con i discepoli diretti a Emmaus: “Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?” (Lc 24, 26). È una lettura del supplizio della croce alla luce della fede pasquale della Chiesa, che ci viene riproposta in tutta la sua forza e bellezza”. “Il nostro obiettivo – dichiara mons. Marco Gragnani, rettore dell’Ente Chiesa Cattedrale di Lucca – era di coniugare l’esigenza della ricerca scientifica con il rispetto dell’importanza cultuale e religiosa che il Volto Santo riveste da secoli all’interno della Cattedrale. Il restauro ha restituito al Crocifisso la sua originaria vitalità cromatica e materica, consentendo una lettura più piena del suo significato teologico: nell’iconografia del Cristo Trionfante, la Croce – da strumento di morte – si trasforma, attraverso la Resurrezione, nel Trono della Grazia. Anche il nimbo, semicerchio gigliato che ha riacquistato lo splendore del materiale prezioso precedentemente occultato da una vernice scura, contribuisce a rafforzare il messaggio teologico, rendendo visibile lo splendore della luce che circonda il Cristo Trionfante”. “L’impegno pluriennale della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca per questo restauro – spiega il presidente Massimo Marsili – si fonda sul significato del Volto Santo, quale simbolo riconosciuto del suo legame profondo e inscindibile con Lucca e il suo territorio. L’intervento non rappresenta soltanto un’azione di conservazione e tutela, ma la custodia e la conferma del radicamento della comunità lucchese negli universali valori cristici: l’identità come espressione di solidarietà, fraternità, accoglienza, comprensione dell’alterità e speranza. L’impegno sul territorio della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca si sostanza in un diffuso sostegno verso chi opera per i valori dell’inclusione e della coesione sociale contrastando vecchie e nuove povertà e nell’accompagnamento delle attività degli enti operano in questa direzione. Si tratta di una scelta convinta e non a caso l’effige del Volto Santo è storicamente anche il nostro simbolo”. “Siamo stati tutti quanti partecipi fortunati di un evento eccezionale – spiega Angela Acordon, soprintendente Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Lucca, Massa Carrara e Pistoia – che ha trasformato una situazione critica in un’occasione unica e irripetibile perché questo restauro, voluto da tanti Soggetti che hanno lavorato in perfetta sintonia, restituisce un’immagine rinnovata, ma non sconvolta, del “Volto Santo” e la consegna ai fedeli, per il ripetersi di una devozione antica e pur sempre attuale, e agli studiosi di arte e di storia per nuove riflessioni”. Emanuela Daffra, soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure aggiunge: “Il restauro del Volto Santo era necessario. Affrontare un’opera che assomma in sé l’indubbio valore storico artistico e quello religioso e devozionale altrettanto indubbio rende il percorso ancora più complesso e obbliga ad esercitare un discernimento giudizioso in occasione di ogni singola scelta. È quanto si è fatto in questo caso, indirizzando costantemente le indagini e poi mettendone a frutto i risultati intrecciandoli con i dati storici e con quelli materiali che scaturivano dall’operare. Ora grazie all’attività di un gruppo coeso di professionisti eccellenti si restituisce una scultura non solo potente ed impressionante ma in grado di proseguire in sicurezza la sua storia millenaria, accompagnata da una messe di dati che offriranno ulteriori occasioni di studio". (di Paolo Martini) —[email protected] (Web Info)
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