Dall’8 ottobre 2025 all’8 marzo 2026 Palazzo Bonaparte ospiterà la mostra “Alphonse Mucha. Un trionfo di bellezza e seduzione.”
Mucha, nato nel 1860 a Ivančice e morto a Praga nel 1939, fu un illustratore e pittore spiccatamente rappresentativo dello stile dell’art nouveau. Divenne famoso con i manifesti pubblicitarî degli spettacoli di Sarah Bernhardt, attrice francese celebre per i ruoli nella Signora delle Camelie di Dumas figlio, nella Adrienne Lecouvreur di Eugène Scribe e nella Fedra di Racine. Il primo manifesto, per la Gismonda del Sardou, ambientata a metà del quindicesimo secolo, fu affisso a Parigi nel 1895: le proporzioni della Bernhardt sono statuarie, il corpo forma un unico blocco verticale a mo’ di colonna, coperto com’è dall’ampia veste bianca e dorata. Il fulcro dell’opera è la linea del disegno: flessuosa, ondulata, organica. Essa detta la prospettiva, condiziona le forme. La fisionomia è superficiale, indefinita, stilizzata; i capelli sono una massa di colore. Le parole sono tondeggianti, le pieghe sono morbide. Si tende al bello, o comunque al piacevole. Il bizantinismo, l’orientalismo, il decorativismo, il ricordo dei preraffaelliti sono i caratteri preminenti. Così anche nelle pubblicità per il Lorenzaccio, per La Tosca, per la Medea, per la Signora delle Camelie. La réclame per il Lorenzaccio, dramma del Musset del 1834, ritrae il giovane Lorenzino de’ Medici, interpretato dalla Bernhardt stessa, in abiti marroni, mentre un drago incombe dall’alto: la vicenda è rinascimentale, incentrandosi sull’assassinio del duca di Firenze Alessandro de’ Medici, nel 1537, per mano del cugino Lorenzaccio, il quale poi scrisse pure un’apologia del proprio gesto, giudicata dal Leopardi “un esempio di eloquenza grande e perfetta da ogni parte”; ma il tono del disegno è prettamente gotico. La Signora delle Camelie è l’opera di Dumas figlio, prima romanzo pubblicato nel 1848, poi sua riduzione teatrale nel 1852, da cui Francesco Maria Piave trasse il libretto per La Traviata di Verdi, rappresentata l’anno seguente. Nella pubblicità di Mucha, la Bernhardt è immersa in un cosmo roseo dove i fiori si atteggiano a stelle; lo sguardo della donna, avvolta di bianco, è perso nella malinconia.
Palazzo Bonaparte, sito in Piazza Venezia, risale al diciassettesimo secolo e venne acquistato nel 1818 da Maria Letizia Ramolino, madre di Napoleone. Degno di nota il balconcino con decorazioni floreali da cui ella guardava la vita della città sottostante.
Saranno esposte anche la Venere di Botticelli della Galleria Sabauda e opere di Giovanni Boldini e di Cesare Saccaggi. La Venere torinese è una delle quattro di mano del Botticelli: le altre sono quella degli Uffizi, una nella Gemäldegalerie a Berlino e un’ultima in una collezione privata svizzera. Venne dipinta dopo quella fiorentina, e la figura divina vi risalta, per l’assenza di sfondi ed elementi a contorno, più marcatamente. L’accostamento alle opere di Mucha sembra in tal senso opportuno: anche qui la figura immersa nel vuoto è il centro e la sostanza dell’opera. Boldini, invece, nei ritratti, fa un impressionismo, per così dire, alla D’Annunzio, innestandovi però velocità e movimento propri del futurismo; mentre in Saccaggi prevalgono il simbolismo e l’imitazione dei preraffaelliti.
Leandro Stroppa

