Nella finale di oggi (diretta ore 22:51) per la categoria -66 kg l’algerina Imane Khelif e la cinese Liu Yang si contendono la medaglia d’oro
- articolo di Massimo Catalucci
In un mondo dove tutto viene ricondotto a sigle; dove l’essere umano a forza vuole distorcere ciò che in natura funziona da milioni di anni con qualcos’altro che rispecchi le sue ideologie personali e teorie, arricchite da una dialettica saccente, più che sapiente; abbiamo volutamente, scelto per il titolo di questo articolo, di “giocare” con delle lettere, esattamente, con quelle che determinano, da un punto di vista cromosomico “X” e “Y”, ciò che in natura si identifica nella morfologia, ovvero, nella struttura fisica di un maschio e di una femmina.
Se non tutti, quasi, abbiamo avuto modo di seguire nei TG e nella rete, la discussione che si è animata a seguito della partecipazione alle Olimpiadi di Parigi 2024, nella disciplina della Boxe femminile – 66 kg, per la partecipazione di Imane Khelif a queste competizioni, accusata da molti di non essere in “armonia” con le altre contendenti.
Usiamo la parola “armonia”, volutamente, per evitare di essere considerati sessisti o intolleranti. Diciamo quindi che, per armonia intendiamo ciò che accomuna tutti i partecipanti alla stessa competizione per cui, quando questa armonia viene distorta, così come accade quando un atleta fa uso di sostanze dopanti, creando un vantaggio per Sé nei confronti del suo avversario, non si può non tenere conto che, se ci sono evidenti differenze cromosomiche in un atleta rispetto al suo avversario, queste rappresentino una condizione di vantaggio o di svantaggio, a seconda della posizione dalla quale osserviamo il fatto stesso.
E nel caso della polemica sorta nei confronti di Imane Khelif, abbiamo visto che ci sono voci discordanti in merito a questa atleta e ciò che rappresenta una sua differenza genetica con le altre atlete competitor.
C’è chi, come il Genetista dell’Università di Tor Vergata di Roma, il Dott. Giuseppe Novelli, che afferma che “Non basta un cromosoma a determinare il sesso perché sono diversi gli attori attivi in questo processo come le combinazioni di geni e ormoni. Oggi la Medicina e la Genetica sono cambiate. Una volta – prosegue Novelli – si faceva la ‘cromatina sessuale’, un banale test per vedere la presenza del cromosoma ‘Y’. Per questo nel caso della boxer algerina Khelif credo che sia necessario approfondire e avere linee guida internazionali che stabiliscano norme uguali e condivise per l’attività sportiva di chi ha una Dsd“ – ha concluso il Genetista.
A fare da controcanto, c’è la versione Prof. Maurizio Genuardi, Ordinario di Genetica Medica all’Università Cattolica di Roma – che definisce, “difetto”, la presenza cromosomica di XY nel DNA di Khelif – “Difetto genetico che può conferirle un vantaggio dal punto di vista delle performance sportive, legato al fatto che possiede il cromosoma Y, che può favorire lo sviluppo di caratteristiche sessuali secondarie, come la massa muscolare, in senso più maschile“ – ha affermato il Professore.
Da quanto si coglie dalle dichiarazioni dei due medici, possiamo dedurre che non è da escludere che, chi presenta una condizione genetica come quella manifestata da Khelif, possa trarne un vantaggio, per cui si richiedono, comunque, accertamenti più approfonditi.
CIO e IBA a confronto
Allora, la ricerca delle responsabilità di far gareggiare o meno in competizioni sportive, atlete che hanno una genetica diversa tra loro, ricade su chi determina i regolamenti delle competizioni internazionali, ovvero, sulle federazioni che stabiliscono le regole stesse.
Infatti, qui abbiamo delle discordanze che dovrebbero essere allineate: mentre la Federazione Internazionale di Boxe (IBA) stabilisce che una persona con “cromosomi XY” non può gareggiare alla pari nelle competizioni femminili, per cui squalificò Khelif dal mondiale del 2023; dall’altra, la posizione del Comitato Internazionale Olimpico (CIO) è parametricamente opposta a quella dell’IBA, per cui “Khelif è un’atleta intersex e iperandrogina. Ovvero, una donna con una eccessiva produzione di ormoni maschili (androgeni), in particolare di testosterone” – dichiarando con questa affermazione, che tale condizione non presenterebbe un’irregolarità nella competizione sportiva.
A questo punto, è d’obbligo che l’IBA e il CIO, nonché qualsiasi altra Federazione sportiva internazionale, approfondiscano la tematica per non creare loro delle disparità, in termini di valutazione delle condizioni genetiche degli sportivi iscritti nei vari circuiti nazionali ed internazionali, affinché le competizioni stesse possano rappresentare un confronto alla pari tra le/gli atlete/atleti in gara.
L’augurio che dovremmo farci è che, questa polemica, non ci riporti a vivere quanto già abbiamo vissuto nel periodo di emergenza sanitaria per il Covid-19, quando i medici, biologi, virologi, tecnici di laboratorio, anziché lavorare in sinergia tra loro per trovare insieme una strada condivisa, hanno creato divisioni ulteriori tra la popolazione con la nascita dei NO-VAX e SI-VAX.
Ma forse, in questa epoca, ciò che si vuole alimentare e mantenere è proprio uno “stato di caos”…allora, ogni buona intenzione di giungere ad un equilibrio è destinata a fallire.
Speriamo di sbagliarci…