“La Regione Lazio ha deliberato i criteri per accreditare i Centri privati per erogare le prestazioni di PMA in regime di convenzione, ma questi criteri sembrano un po’ irrazionali, privi di un reale riscontro scientifico e soprattutto non andare incontro alle esigenze del territorio, per eliminare, ad esempio, le tanto temute liste d’attesa ed evitare un pellegrinaggio procreativo interregionale come invece finora accaduto”. Così Ermanno Greco, Presidente della Società Italiana della Riproduzione (S.I.d.R.), che aggiunge: “La delibera della Regione Lazio, infatti, prevede che i Centri che si potranno accreditare saranno solo quelli che avranno erogato almeno 250 prestazioni di secondo e terzo livello, mentre non vengono tenute in considerazione le prestazioni di primo livello, ovvero inseminazione intrauterina o IUI, effettuate. Il Centro, inoltre, dovrà possedere un laboratorio interno di diagnostica biochimica con tecnologia avanzata, contrariamente a quanto disposto dalla normativa regionale per l’autorizzazione alla PMA, che lo prevedeva anche in collegamento funzionale”.
Questo criterio di selezione, osserva Greco, fa sì che “nella Regione Lazio potranno essere convenzionati al massimo 4 o 5 Centri, un numero sicuramente insufficiente per erogare più di 8.000 prestazioni. Non si riesce a capire perché anche un Centro che ha effettuato un numero minore di prestazioni non debba essere convenzionato. Ricordo che il CNT ogni due anni svolge ispezioni specifiche sui centri PMA, ispezioni il cui esito viene regolarmente trasmesso alla Regione”.
Secondo Greco “è chiaro che con questi criteri selettivi i pazienti affluiranno nei Centri che già svolgono un numero elevatissimo di prestazioni e tutte in regime privato. Ciò a scapito delle liste d’attesa, che per il trattamento in regime convenzionato saranno più lunghe e con conseguenze negative anche sulla qualità dei risultati, perché il sovraffollamento dei cicli porta inevitabilmente a un abbassamento del successo, come molteplici studi scientifici internazionali evidenziano. Infatti, il Centro PMA deve possedere un numero adeguato non solo di biologi e ginecologi, ma anche di apparecchiature. Tutto questo, però – conclude il Presidente della S.I.d.R. – nella delibera della Regione Lazio non è stato finora considerato”.
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