(Adnkronos) –
Un uomo "non crudele", ma una persona travolta dal suo "immenso castello di bugie" che "non premedita" l'omicidio della compagna ma accetta una gravidanza non desiderata pur di mantenere "l'immagine perfetta che ha sempre voluto dare di sé". E' il ritratto di Alessandro Impagnatiello, condannato in primo grado all'ergastolo per l'omicidio di Giulia Tramontano e del bimbo che aveva in grembo. Nell'atto d'appello firmato dall'avvocata Giulia Geradini, il processo è in programma mercoledì 25 giugno, la difesa chiede che vengano meno le aggravanti della premeditazione e della crudeltà e che all'imputato siano riconosciute le attenuanti generiche. Possibile già nella stessa udienza – a rappresentare l'accusa sarà la sostituta procuratrice generale Maria Pia Gualtieri – la sentenza d'appello. Nel documento di 25 pagine della difesa – in possesso dell'Adnkronos – si ricostruisce la giornata del 27 maggio 2023, l'incontro tra le due donne di Impagnatiello davanti al posto di lavoro – "ambiente intoccabile" che accresce la sua "personalità narcisistica" -, che comporta la "distruzione irreparabile del castello di bugie" che fino a quel momento "gli aveva permesso di portare avanti le due relazioni parallele". Quel faccia a faccia tra le due donne, incontro da cui il trentaduenne fugge, precede di circa due ore il ritorno a casa di Giulia Tramontano e l'agguato con cui le verrà tolta la vita. Per la difesa non c'è la premeditazione: il tappeto spostato e il divano coperti per non macchiarli di sangue "non è stato in alcun modo dimostrato", mentre la ricerca in internet 'ceramica bruciata vasca da bagno' è troppo prossima all'omicidio. La condotta dell'imputato è "grossolana e maldestra": compra la benzina dopo aver uccisa Giulia Tramontano e il loro figlio Thiago, acquista il carrello per trasportare il cadavere il 30 maggio, più volte sposta la vittima lungo le scale condominiali "altamente frequentate", lascia la confezione di topicida in bella vista sebbene lo abbia somministrato alla ventinovenne mesi prima di ucciderla con 37 coltellate. Le ricerche sul veleno per topi si concentrano "sempre ed esclusivamente sul feto in quanto, lo scopo – si legge nell'atto d'appello della difesa – era provocare l'aborto della Tramontano e non causarne la morte". Thiago, il bambino mai nato, è "un ostacolo per la sua carriera, per la sua vita, per l'acquisto della casa futura e per la relazione con Tramontano. Se in cuor suo avrebbe voluto interrompere la gravidanza, l'immagine perfetta che l'imputato ha sempre voluto dare di sé, in relazione ai propri tratti di personalità, non glielo permise". Quanto all'aggravante della crudeltà, la vittima, colpita alla schiena, "non ha avuto il tempo di accorgersi di ciò che stava accadendo, diversamente avrebbe tentato di voltarsi e sul suo corpo vi sarebbero stati segni di difesa, e quindi di rendersi consapevole che con lei sarebbe morto anche il bambino" sostiene l'avvocata Geradini. Per la difesa, inoltre, Impagnatiello ha diritto alle attenuanti generiche poiché "ha immediatamente manifestato alla famiglia della vittima il suo pentimento e le sue scuse. Nel corso del dibattimento non si è sottratto ad un lungo e articolato esame in cui ha manifestato tutte le sue fragilità, facendo una lucida analisi della condotta tenuta ai danni della Tramontano mettendosi a nudo circa l'immenso castello di bugie costruito di cui è rimasto travolto" —[email protected] (Web Info)
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