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    Cosa cercano gli stranieri in Italia? Lo svela il rapporto sul turismo enogastronomico 2025

    Fabrizio GerollaBy Fabrizio Gerolla11 Novembre 2025Nessun commento0 Views
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    (Adnkronos) – L’Italia continua a sedurre il mondo con la forza del suo gusto. E la nuova edizione del rapporto sul Turismo enogastronomico italiano curato da Roberta Garibaldi, presidente dell’Associazione italiana turismo enogastronomico (Aite) e docente all’Università di Bergamo, con il sostegno di Visit Emilia e di Valdichina Living, mette per la prima volta al centro la domanda internazionale. E i risultati, presentati oggi al Bto-Be Travel Onlife di Firenze, del Rapporto che dal 2016 monitora con rigore e continuità l’evoluzione di uno dei segmenti più strategici per il turismo nazionale, confermano l’eccezionale capacità attrattiva del fattore ‘gusto’ tra i viaggiatori internazionali che scelgono l’Italia come destinazione per le proprie vacanze.  

    Analizzando in modo comparativo i sei mercati esteri più importanti per l’Italia — Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Austria, Svizzera e Francia — il rapporto 2025 permette di comprendere non solo l’interesse verso il turismo enogastronomico, ma anche le aspettative e le esperienze vissute dai turisti stranieri in Italia. “Capire come ci vedono e come ci vivono è il primo passo per governare il cambiamento, in un settore che continua a crescere a ritmi sostenuti, affermandosi come uno dei segmenti più dinamici dell’economia turistica globale”, spiega Roberta Garibaldi. 

     

    Il rapporto evidenzia che, negli ultimi tre anni, tra viaggi domestici ed internazionali, la quota di turisti che ha viaggiato per l’enogastronomia varia dal 60% in Regno Unito al 74% in Francia, con un aumento dal 2016 tra i 15 a 28 punti percentuali. E l’Italia è associata principalmente, come destinazione del viaggio, a ‘cibo e vino’ citati dal 55% dei tedeschi e degli svizzeri/austriaci e dal 54% degli statunitensi; solo tra i francesi che scelgono l’Italia prevalgono i monumenti storici (50%). Nella scelta della destinazione, contano soprattutto la bellezza del paesaggio rurale (oltre l’80% in tutti i mercati, con un massimo dell’88% in Francia) e la presenza di ristoranti locali (81% in Francia, 79% negli Usa). Gli americani attribuiscono più valore a esperienze tematiche (69%) e ristoranti gourmet (59%). 

    Le principali motivazioni per scoprire l’enogastronomia sono provare nuove esperienze (52% in Uk e Usa) e arricchire il proprio bagaglio culturale (34% in Francia), seguite da divertimento (36% Usa). I francesi si distinguono per vedere l’enogastronomia come occasione per concedersi un lusso (36%), mentre tedeschi e svizzeri/austriaci per immergersi nei paesaggi rurali. Le regioni più attrattive per i turisti internazionali sono Toscana (69% Us/Fr; 66% At+Ch), Sicilia (66% Fr; 62% Us), Sardegna (63% Fr) e Puglia (63% Fr). Tra le destinazioni enoturistiche prevalgono Chianti (fino al 41% Us) ed Etna (fino al 40% Fr), a seguire troviamo Montepulciano (42% At+Ch), Montalcino (27% Us) e Bolgheri (25% At+Ch). Buone preferenze anche per Cinque Terre (26% At+Ch) e Food Valley dell’Emilia-Romagna (24% Us). 

    Il rapporto prende poi in considerazione le fonti ispirazionali, con un grande ruolo del tradizionale – i consigli di amici e parenti arrivano a rappresentare il 60% in Germania, Uk e Usa – e i mezzi scelti per la prenotazione delle esperienze, con i canali digitali che assumono rilevanza soprattutto tra francesi e americani, mentre tedeschi e britannici mostrano una maggiore propensione a decidere sul posto. Cresce l’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Tra le esperienze gastronomiche prevalgono i ristoranti locali (68% per i francesi, 71% At+Ch) ma anche gli etnici, poi le visite in cantina (fino al 36% in area At+Ch), seguite da caseifici (34% in Francia) e birrifici (25% Fr, 26% Us). La disponibilità di spesa: per un pasto tipico la maggioranza si concentra tra 21 euro e 60 euro (oltre il 50% dei casi in ogni Paese), per i tour in cantina con degustazione prevale la fascia 21–40 euro (fino al 35% in area AT+CH), mentre le esperienze in acetaia e nei musei del gusto si collocano per oltre la metà dei rispondenti sotto i 20 euro. 

    Infine, ecco l’intenzione di viaggio in Italia da parte dei turisti stranieri, che nei prossimi tre anni è altissima: la quota ‘molto probabile + probabile’ va dal 55% in Germania al 81% in At+Ch (Uk 59%, Us 57%, Fr 70%); i “molto probabile” toccano il 50% in At+Ch e il 34% in Francia. E l’inclusione di esperienze enogastronomiche nel pacchetto vacanza appare importante: le valutazioni 8–10 arrivano al 62% negli Usa, seguite da 38–40% in Uk/Fr At+Ch e 36% in Germania. Un alto potenziale, oltre al mondo vino, caratterizza l’oleoturismo, con esperienze come le cene negli uliveti (oltre 50% in tutti i mercati) e il turismo della birra.  

     

    Dalla ricerca emerge con chiarezza come il turismo enogastronomico stia entrando in una nuova fase. Il viaggiatore di oggi non cerca soltanto il ‘piatto iconico’, ma un rapporto più profondo con i territori, le persone e le storie che li abitano. Si osserva un ritorno all’essenziale, fatto di esperienze semplici e radicate nel paesaggio, dove il valore risiede nei gesti dell’ospitalità e nella quotidianità della produzione agricola. Cresce parallelamente l’interesse per forme di intimità gastronomica, come tavoli dedicati, incontri diretti con chef e produttori, degustazioni per piccoli gruppi curate in modo personale. 

    Si sviluppano inoltre vere e proprie comunità del gusto, dai wine club agli orti condivisi, fino alle cucine partecipate: spazi dove il cibo torna ad essere occasione di relazione e appartenenza. Infine, si rafforza il trend già presente di benessere e longevità, che porta i viaggiatori a scegliere luoghi in cui la qualità della vita, dell’ambiente e dell’alimentazione è percepita come parte integrante dell’esperienza – come accade nelle Blue Zones italiane. In questa prospettiva, l’esperienza enogastronomica evolve: non si tratta più solo di assaggiare un territorio, ma di entrarvi in relazione. Per accompagnare questo cambiamento, le destinazioni italiane sono chiamate a rafforzare quattro leve chiave: stewardship territoriale passare dalla sola promozione alla cura condivisa del territorio e delle sue comunità; misurazione degli impatti valutare non solo i flussi, ma gli effetti sociali, culturali e ambientali del turismo; digitalizzazione e intelligenza artificiale strumenti indispensabili per migliorare visibilità, personalizzazione e gestione delle presenze; professionalizzazione delle competenze soprattutto nelle realtà agricole, artigiane e nelle piccole imprese, che rappresentano l’ossatura del settore. 

    La competitività non è più determinata dal numero dei visitatori, ma dalla qualità dell’esperienza, dalla capacità di mantenere vivi i territori e dal valore condiviso che il turismo è in grado di generare. In un’Italia caratterizzata da dinamiche territoriali contrastanti: da un lato le destinazioni iconiche che continuano a registrare elevati flussi turistici, dall’altro borghi e aree interne che faticano a mantenere vitalità economica e sociale. In questi contesti, la progressiva riduzione di servizi e attività produttive locali si accompagna alla perdita di competenze e saperi tradizionali. Il turismo enogastronomico può rappresentare una leva strategica di valorizzazione e rigenerazione: genera valore economico e mette in relazione agricoltura, artigianato, ospitalità e cultura. “Perché questo potenziale si traduca in risultati concreti – sottolinea Garibaldi – è necessario un approccio sistemico che integri politiche di coesione, infrastrutture adeguate, misure fiscali mirate e un rafforzamento delle competenze professionali”.  

    Un punto cruciale riguarda la comunicazione mirata alle nuove generazioni. Il turismo enogastronomico deve cambiare linguaggio: non servono più brochure e storytelling tradizionali, serve una presenza digitale autentica, visuale, virale. Eppure, solo una minima percentuale di imprese agricole italiane è presente su piattaforme come TikTok o YouTube, mentre sono proprio questi gli spazi dove si forma la percezione del made in Italy tra i giovani di tutto il mondo. 

     

    Una delle sezioni più innovative del rapporto è dedicata all’impatto dell’intelligenza artificiale. Già oggi, il 21% dei turisti americani e il 18% dei francesi pianificano il proprio viaggio attraverso piattaforme che la integrano, che diventeranno sempre più importanti non solo in termini di programmazione dell’esperienza, ma anche come mezzi di sostituzione/integrazione delle attuali ricerche online. Questa rivoluzione determina la necessità, per le aziende, di avere le carte in regola per essere selezionate dall’intelligenza artificiale. Se i dati di un’azienda non sono aggiornati o non leggibili dai sistemi Ia, quella realtà rischia semplicemente di non esistere digitalmente. Per questo, il rapporto propone un box operativo – ‘Dentro o fuori la mappa digitale’ – con indicazioni concrete per imprese, dmo e consorzi: uniformare i dati, essere presenti sui portali esperienziali globali (GetYourGuide, Viator, Airbnb Experiences, Musement), usare formati strutturati e costruire reti informative condivise. “L’intelligenza artificiale – osserva Garibaldi – non è solo un supporto: è la nuova infrastruttura del turismo”. E chi saprà dialogare con essa, mantenendo autenticità e qualità, sarà protagonista della prossima fase. 

     

    Un altro tema chiave riguarda le competenze. Molti produttori agricoli e artigiani, eccellenti nella loro attività, non dispongono però delle conoscenze digitali o turistiche necessarie per aprirsi al mercato dell’esperienza. Per questo, il rapporto richiama le evidenze del Libro bianco sulle professioni del turismo enogastronomico (Garibaldi, 2024), che ha identificato figure cruciali come l’hospitality manager, il consulente per il turismo enogastronomico, l’addetto alle visite, il product manager per il turismo enogastronomico ed il curatore di esperienze enogastronomiche. Il futuro passa da una rete di supporto territoriale: consulenti condivisi messi a disposizione da dmo, consorzi e associazioni per accompagnare le piccole imprese nella transizione tecnologica e turistica. “Il nostro tessuto produttivo è fatto di eccellenze piccole ma straordinarie. Dobbiamo permettere loro di diventare parte di un ecosistema più grande, senza snaturarsi ma imparando a essere leggibili nel mondo digitale”, afferma Garibaldi. 

    Le tendenze emerse delineano uno scenario di trasformazione profonda, in cui il turismo enogastronomico si afferma come leva strategica per uno sviluppo più umano, integrato e responsabile, capace di valorizzare i territori non solo come luoghi di consumo, ma come ecosistemi culturali, sociali ed economici in evoluzione. La vera frontiera consiste nell’integrare tre forme di intelligenza — naturale, sociale e artificiale — come componenti complementari di uno stesso ecosistema. È solo dal loro equilibrio che può nascere un modello di sviluppo realmente rigenerativo, in cui il dato dialoga con la natura e le comunità mantengono un ruolo centrale.  

     

    “Il futuro del turismo enogastronomico non si misura più nei volumi, ma nel valore generato economico, sociale e culturale. In un mondo che tende all’artificiale, l’intelligenza più avanzata potrebbe tornare a essere quella che nasce dalla relazione armonica tra uomo, comunità e natura: il principio che da sempre sostiene il valore profondo della cucina italiana e dei territori che la esprimono. L’Italia ha le risorse per costruire un modello distintivo, in equilibrio tra tradizione e innovazione, tra locale e globale, tra identità e sostenibilità. Un modello capace di restituire significato al viaggio, dignità al lavoro e futuro alle comunità. Il turismo enogastronomico può diventare il laboratorio di un’Italia che unisce impresa, cultura e territorio. Abbiamo tutti gli ingredienti per riuscirci”, conclude Garibaldi. 

    Interviene su questo Simone Fornasari, presidente di Visit Emilia, che evidenzia come questi temi sono stati lì sviluppati efficacemente: “Tutta l’Emilia dovrebbe diventare patrimonio dell’umanità. Nelle province di Piacenza, Parma e Reggio Emilia il gusto si è tra-sformato in cultura, identità e arte. Dal 2015, quando Parma è stata riconosciuta Città creativa Unesco per la gastronomia, abbiamo costruito una rete straordinaria che oggi conta 291 operatori del food and wine, 7 ristoranti stellati Michelin e 8 musei del cibo. Ogni prodotto Dop e Igp racconta secoli di sapienza: il parmigiano reggiano che stagiona lentamente, il Prosciutto di Parma che profuma di aria dolce delle colline, l’aceto balsamico tradizionale che nasce da un’alchimia antica. Per valorizzare questo straordinario patrimonio è disponibile un itinerario in bicicletta che attraversa la food valley: 360 chilometri tra Piacenza, Reggio Emilia e Parma, dove pedalare significa immergersi in un ecosistema unico fatto di sapori, borghi medievali e paesaggi che hanno conquistato il mondo. Un’esperienza che trasforma ogni visita in un ricordo indimenticabile”. Michele Angiolini, sindaco di Montepulciano, comune capofila della Comunità ambito turistico valdichiana senese conferma: “Il turismo enogastronomico rappresenta una chiave strategica per lo sviluppo sostenibile dei territori come il nostro, dove la qualità delle produzioni locali, una forte identità culturale e un paesaggio iconico si fondono in modo naturale. I dati del rapporto confermano una tendenza che da tempo riscontriamo anche nella Valdichiana Senese: i visitatori internazionali cercano esperienze autentiche, legate al gusto ma anche al racconto dei luoghi e delle persone. La sfida è continuare a offrire un turismo di valore e un’esperienza autentica dei nostri luoghi”. 

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