Le indagini sul suicidio del broker del quartiere Prati sono giunte a una svolta. Scoperta la truffa ai danni dei clienti e sequestrati beni per oltre 50 milioni di euro.
(MeridianaNotizie) Roma, 13 novembre 2013 – Le indagini sul suicidio di Giovanni Paganini Marana, il broker che si lanciò da un Palazzo in via Nicotera nel quartiere Prati di Roma il sette settembre 2012, sono giunte a una svolta. La Guardia di Finanza ha sequestrato beni per oltre 50 milioni di euro a Roma e in altre città italiane. I reati contestati ai sette indagati della società Auditors italiana srl (in cui Paganini era presidente del cda) sono: appropriazione indebita aggravata di somme degli investitori; infedeltà patrimoniale aggravata; ostacolo dell’esercizio delle funzioni di vigilanza (affidate al ministero dell’Economia per le società di intermediazione mobiliare); abusivo esercizio di attività finanziaria. Due degli indagati sono accusati di riciclaggio.
Subito dopo la tragedia, era stata aperta un’indagine con l’ipotesi di truffa aggravata, in quanto, indagando sul suicidio, gli inquirenti avevano scoperto che alcuni clienti del broker, pochi giorni prima che questo si togliesse la vita, avevano richiesto la restituzione delle loro somme milionarie. Paganini non era stato in grado di soddisfare tali richieste. Secondo testimonianze, alcune ore prima del suicidio, egli avrebbe avuto un acceso diverbio con un cliente, che aveva chiesto la restituzione di due milioni di euro. Dopo l’uscita di quest’ultimo dal suo studio, Paganini si sarebbe buttato dalla finestra del bagno.
Le Forze dell’Ordine hanno sequestrato il computer di Paganini e documenti che contengono la lista di clienti che hanno perso tutti i soldi investiti. Gli inquirenti riferiscono di ritrovarsi davanti un nuovo “caso Lande”, il Madoff dei Parioli condannato per la truffa ai danni di centinaia di persone. Dopo la morte del broker, le diverse sedi delle società di investimenti dove operava, sono state sollecitate da numerosi clienti, che hanno richiesto la restituzione del denaro. Gli inquirenti stanno accertando se tale “buco” milionario sia destinato ad allargarsi.
Paganini e il suo socio Marco Chiaron Casoni gestivano una holding, la Ingefin spa che, a sua volta, controllava la fiduciaria Abbacus Sim, nella cui contabilità si sono volatilizzati 120 milioni di euro. Nel giugno 2013 è stata revocata l’autorizzazione a esercitare alla Abbacus, alla cui guida è stato nominato un collegio liquidatore. La società aveva circa 170 clienti e tra questi una cinquantina hanno sporto denuncia. Sono stati gli stessi clienti del broker a permettere la ricostruzione dei fatti agli inquirenti.
Aurelio Ponzo
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