« Ed è stata un’esperienza umana grandissima, perché lui stava male e ha voluto fare questo film a tutti i costi: tutti gli dicevano “ma dai, fai il trapianto e poi lo farai”, e lui diceva “No, questo film lo voglio fare con il mio cuore”. E poi questo film è il suo testamento morale. »
(MeridianaNotizie) Roma, 4 giugno 2014 – Attore, regista, comico o semplicemente Massimo Troisi moriva venti anni fa, a soli 41 anni in casa della sorella a Ostia: ad essergli fatale una malattia al cuore di cui soffriva da tempo, malattia che però gli diede il tempo di finire il suo capolavoro, quel “Postino” che lo rese famoso in tutto il mondo.
Nacque il 19 febbraio 1953 a San Giorgio a Cremano, cittadina alle porte di Napoli, da Alfredo Troisi, macchinista ferroviario, e da Elena Andinolfi, casalinga. Crebbe in una famiglia molto numerosa; abitò nella stessa casa con i genitori, cinque fratelli, due nonni, gli zii e i loro cinque figli[2]. Troisi si diplomò geometra all’Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri “Eugenio Pantaleo” di Torre del Greco. Contemporaneamente scrisse alcune poesie in dialetto ispirate a Pasolini, suo autore preferito.
Nel 1972 a Troisi venne diagnosticata un’anomalia cardiaca che lo obbligò, nel 1976, a recarsi negli Stati Uniti per un intervento alla valvola mitralica; alle spese del viaggio contribuì una colletta organizzata, tra gli altri, dal quotidiano di Napoli Il Mattino. L’operazione venne eseguita a Houston dal professor Michael E. DeBakey ed ebbe buon esito, tanto è vero che Troisi riprese la sua carriera teatrale poco tempo dopo[4]. Troisi non amava parlare della sua malattia, solo i familiari e gli amici intimi erano a conoscenza dei suoi problemi di salute.
Mostre ed eventi celebrano in questi giorni Troisi a San Giorgio a Cremano, la sua città natale ai piedi del Vesuvio. Ma il ricordo del suo talento non si è mai appannato. Nessuno, in questi vent’anni, ha dimenticato i suoi successi (come Non ci resta che piangere, interpretato con Benigni) e l’originalità dirompente dei suoi film che, a partire dagli anni Ottanta, sbancarono i botteghini e svecchiarono la commedia italiana.
Non era solo un comico, Massimo era il classico napoletano moderno, non più solo pizza e mandolino ma incarnava un giovane tormentato, ironico e vittima del nervosismo cittadino. E si accompagna immancabilmente a donne forti, figlie del femminismo, abituate a decidere della propria vita e a sovrastare i maschi come la Marta (interpretata da Fiorenza Marchegiani) di Ricomincio da tre. Troisi manca a tutti, e il modo in cui se n’è andato ha lasciato un amaro in bocca ai suoi tanti ammiratori a cui non resta che (rim)piangerlo
Cristina Pantaleoni
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