(Meridiananotizie) Roma, 4 agosto 2011, Sul gradino più alto c’è la Cina, scendendo si trova l’Iran, poi la Corea del Nord. Il rapporto “La pena di morte nel mondo” realizzato dall’associazione “Nessuno tocchi Caino”, e presentato presso la sede dei radicali inchioda alle proprie responsabilità tre regimi autoritari. Ma non ci sono solo dittature nella classifica degli stati con le mani sporche di sangue. Sui 42 paesi che ancora attuano la pena capitale 35 sono paesi dittatoriali, autoritari o illiberali, gli altri sono considerati democratici. Il servizio di Mariacristina Massaro
“L’abolizione della pena capitale è un obiettivo di grande valore etico e civiltà giuridico” così scrive Giorgio Napolitano nel messaggio inviato al segretario di Nessuno tocchi Caino, Sergio D’Elia, in occasione della presentazione del Rapporto 2011 su «La pena di morte nel mondo» presso la sede del partito radicale a Roma, che ha visto fra i partecipanti, oltre Emma Bonino e Marco Pannella, da sempre forti sostenitori del progetto, anche il Ministro degli Esteri, Franco Frattini. Il Rapporto dà conto dei fatti più importanti relativi alla pratica della pena di morte nel 2010 e nei primi sei mesi del 2011. A Cina, Iran e Corea del Nord il podio di “Paesi-boia” del mondo nel 2010, ma confermano anche l’evoluzione positiva verso l’abolizione della pena di morte in atto nel mondo da tanti anni. In particolare, nel mondo arabo, il moto di liberazione da regimi ultradecennali ha già determinato fatti positivi che paiono preludere a una soluzione di continuità rispetto a sistemi e pratiche del passato. Dei 47 Paesi a maggioranza musulmana nel mondo, sono 24 quelli che applicano la pena di morte, di cui 18 hanno nei loro ordinamenti giuridici richiami espliciti alla Sharia. Un paese islamico, l’Iran, è anche l’unico dove nel 2010 e nei primi sei mesi del 2011 è stata praticata la pena di morte nei confronti di minori di 18 anni al momento del fatto, mentre condanne nei confronti di minorenni sono state emesse ma non eseguite anche in Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Sudan, Mauritania e Egitto. Impiccagione, decapitazione e fucilazione sono stati i metodi con cui è stata applicata la sharia. In Iran, Nigeria e Pakistan sono state emesse condanne a morte tramite lapidazione, ma non risulta siano state eseguite, anche esecuzioni di questo tipo sono state effettuate senza regolari processi in Somalia, Afghanistan e Pakistan. Le prospettive sull’abolizione della pena di morte sono decisamente più favorevoli oggi che nel passato .Il rapporto evidenzia come ciò che sta accadendo in molti Paesi arabi e non solo, abbia effetti positivi in tal senso. La fine del mito dell’invincibilità di dittatori al potere da decenni, evidenzia l’organizzazione, può sfociare in riforme in senso umanitario e democratico come già dimostrano fatti che segnano una soluzione di continuità rispetto a sistemi e pratiche del passato sulla pena di morte. Dei 42 paesi che mantengono la pena capitale, sono solo 7 quelli definibili democrazie liberali. In particolare, negli Usa e in Giappone, hanno continuato a diminuire le esecuzioni. Nella battaglia per abolire la pena di morte «la classe politica deve lavorare unita con profonda convinzione». ha dichiarato il Ministro degli Esteri Franco Frattini, durante il suo intervento, assicurando l’intenzione del governo di proseguire con determinazione l’impegno per fermare il boia. I risultati del rapporto, secondo il quale aumentano i paesi abolizionisti, dimostrano, per il titolare della Farnesina, il percorso importante «sul quale stiamo procedendo» e, soprattutto, che «non ci dobbiamo fermare». Il primo passo, per il ministro è senz’altro riuscire ad ottenere «trasparenza e accesso ai dati» sulla pena di morte sui quali molti paesi impongono il segreto. E poi l’impegno, seguito fino ad ora dalla Farnesina, a «moltiplicare le iniziative per educare e promuovere la cultura dei diritti e della democrazia», senza imposizioni