(Meridianaotizie) Roma, 29 marzo 2013 – Un nome, Costa Concordia che significa unità e pace fra le nazioni europee. Eppure il relitto sta facendo discutere più del previsto due delle città portuali più importanti del mediterraneo, Civitavecchia e Piombino. Oggetto del contendere lo smantellamento della nave da crociera naufragata lo scorso 13 gennaio 2012 all’Isola del Giglio. Secondo il sindaco di Civitavecchia, Pietro Tidei, il porto laziale sarebbe il più idoneo ad accogliere il relitto. Operazione da fare entro l’anno corrente, sottolinea, per ridare al Giglio un turismo non da catastrofe. Senza Considerare che il moto ondoso e i venti con il tempo potrebbero disincagliare la nave facendola muovere senza controllo tra l’Argentario e le sue isole.
Tidei ricorda che “nonostante i fondi necessari a mettere Piombino nelle condizioni tecniche di sicurezza e di operatività per accogliere la Concordia siano stati già stanziati, i tempi necessari a realizzare le opere saranno in realtà di almeno tre anni. quando invece Civitavecchia è alla stessa distanza di Piombino dal Giglio, e non ha bisogno di ulteriori investimenti per accogliere la nave avendo opere di protezione dal mare già pronte e fondali idonei.” Il primo cittadino inoltre mette sul piatto argomentazioni “di carattere tecnico ed economico”. Ma Clini continua a parlare di Piombino. Motivo per cui Tidei gli ricorda “che il Governo in carica non ha pieni poteri, ma solo quello relativo al disbrigo degli affari correnti e dove quindi non c’è sicuramente spazio per atti decisionali su dove smantellare un relitto tra alcuni mesi e dopo in definitiva aver perso tempo per oltre un anno e mezzo. Sinceramente – prosegue Tidei – nutro anche dubbi che, qualunque sia il Governo in carica, si possa obbligare l’armatore a mandare il suo relitto in un porto anziché in un altro, se non motivando fortemente l’eventuale decisione con argomenti di interesse nazionale” .
La soluzione di Piombino sarebbe però motivo di rilancio economico e occupazionale in grado di compensare in parte la crisi del settore delle acciaierie e di ridare il giusto riscatto ad una regione che ha dovuto far fronte all’emergenza seguita al naufragio della nave. Ma il problema principale sarebbero i soldi, l’operazione a Piombino avrebbe un costo troppo superiore (140 milioni) rispetto alla disponibilità di cassa (5 milioni).
Insomma una guerra (se cosi si può dire) tra repubbliche marinare come non si vedeva dal Medioevo.
Il servizio di Cristina Pantaleoni
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