(MeridianaNotizie) Roma, 21 ottobre 2014 – I finanzieri del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria stanno eseguendo un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per oltre 100 milioni di euro, emesso dal GIP di Roma, nei confronti di una associazione capeggiata e promossa dai titolari del “Gruppo GESCONET” e composta complessivamente da 62 soggetti, attualmente indagati per i reati di associazione per delinquere, bancarotta fraudolenta, riciclaggio e reati tributari.
Le indagini, condotte nel corso dell’operazione denominata Miliardo, condotte per oltre due anni dalle Fiamme Gialle, hanno consentito di accertare che le organizzazioni individuate risultavano specializzate nella sistematica evasione della riscossione di debiti tributari, mediante l’utilizzo di circa 250 società consortili e cooperative, operanti nei settori del trasporto, facchinaggio, pulizie e vigilanza privata.
L’attività illecita ha provocato, nel corso degli anni, un danno allo Stato pari a 1,7 miliardi di euro. Il meccanismo fraudolento utilizzato dal 2001 alla data odierna consisteva generalmente nell’affidamento di servizi in subappalto a società cooperative appositamente costituite, da parte delle società consortili amministrate dagli indagati, che si aggiudicavano gli appalti sia da enti pubblici, sia da società private di rilevanza nazionale. Le società cooperative, a loro volta, mediante l’emissione di fatture per operazioni inesistenti accreditavano il denaro ricevuto ad ulteriori cooperative “finali”, i cui conti venivano progressivamente svuotati mediante prelevamenti in contante, non giustificati da alcuna logica commerciale.
Tale denaro veniva poi illecitamente distratto e veicolato, da parte dei responsabili delle organizzazioni, su conti correnti intestati a società fiduciarie di San Marino e del Lussemburgo, per il successivo reimpiego nel settore immobiliare. Le cooperative c.d. “finali”, quindi, dopo essere state così depauperate, venivano poste in liquidazione e sostituite da ulteriori società neocostituite, che ciclicamente subivano il medesimo iter di svuotamento ed abbandono. Questo sistema ha permesso ai capi dell’organizzazione – gli imprenditori romani Pierino Tulli e Maurizio Ladaga – di appropriarsi illecitamente, per circa 160 milioni di euro, del denaro distratto che, invece, sarebbe dovuto finire nelle casse dello Stato in ragione delle imposte dovute dalle imprese ad essi riconducibili. Ciò ha consentito ai due imprenditori di conseguire un illecito cospicuo profitto, determinando, inoltre, pesanti effetti distorsivi della concorrenza nei settori ove operava il loro gruppo imprenditoriale, che, grazie alle maggiori risorse disponibili ed ai conseguenti maggiori ribassi praticati nelle procedure di affidamento, riusciva ad ottenere numerosi appalti.
Servizio di Cristina Pantaleoni
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