– articolo di Massimo Catalucci
(Meridiananotizie) Roma, 25 settembre 2023 – La formazione in campo manageriale non può non prevedere corsi di “Team Building” che permettono di acquisire una serie di “skills” atte a sviluppare qualità comunicative in un clima di fiducia, di cooperazione e collaborazione tra i membri di un gruppo di lavoro.
Questo processo di apprendimento conduce alla trasformazione un semplice “gruppo” di persone in una “squadra” di lavoro, dove ognuno si mette a disposizione dell’altro con l’obiettivo comune di raggiungere uno specifico risultato, pianificato, condiviso e ben progettato in ogni sua parte, dove ognuno sa quale ruolo e mansioni ricoprire in piena consapevolezza.
Un corso di “Team Building”, oggi è diventato uno strumento di grande utilizzo, in ogni ambito della nostra vita, per conoscere le dinamiche comunicative e relazionali affettive che entrano in gioco in ogni tipologia di gruppo: da quello Familiare, a quello dei pari, così come nello sport, nella politica, nella scuola e nelle attività lavorative e professionali.
Tutti noi condividiamo spazi con i nostri simili, anche più ore al giorno (famiglia, politica, scuola, lavoro, sport, amicizie) e comprendere quali meccanismi inconsci si innescano mentre interagiamo con altre persone, ci rafforza ulteriormente, facendoci prendere coscienza di alcuni aspetti del nostro modo di essere, di pensare e fare, quando ci troviamo in un gruppo, al fine di consapevolizzare quali espressioni comunicative vincenti, verbali e non verbali, utilizzare al meglio per rapportarci con gli altri.
E’ evidente che alla base ci deve essere l’apprendimento degli assiomi cui la stessa comunicazione si basa e di cui lo psicologo statunitense, Paul Watzlawick, ha largamente trattato nei suoi studi di ricerca, appunto, di quei meccanismi inconsci che si innescano nel corso delle interazioni con i nostri simili.
Trasformare un “gruppo” in una “squadra” permette allo stesso di sviluppare conoscenze e competenze trasversali alle attività di base svolte, che lo trasformano in un “Team Vincente”
Quindi, un “gruppo” e una “squadra”, apparentemente, simili, in realtà sono due condizioni molto diverse.
GRUPPO – Quando parliamo di “gruppo”, ci riferiamo ad un determinato numero di persone che svolgono attività simili tra loro, condividendo lo stesso spazio/ambiente, procedendo in modo individuale e non dipendente da un’altra persona.
SQUADRA – Invece, se parliamo di “squadra”, questa è formata da persone, congiunte e connesse tra loro che lavorano tutte insieme per il raggiungimento di un obiettivo ed il loro risultato dipende dalla collaborazione di tutti i membri del Team (Squadra). L’aspetto individuale, in questo caso, lascia il posto ad un lavoro collettivo, dove ci si avvale delle conoscenze e competenze specifiche di ognuno al fine di ottenere il massimo risultato con il massimo del potenziale che ognuno può esprimere all’interno della squadra stessa.
Per definire meglio tale concetto, potremmo utilizzare la frase di Manfred F. R. Kets de Vries, che recita così:
“Per quanto una persona possa essere talentuosa, nessuno possiede tutte le abilità necessarie per fare al meglio ogni cosa, anche se siamo capaci di fischiettare una melodia, non possiamo fischiare un’intera sinfonia da soli.”
Le aree cui i membri di un “gruppo” devono prendere coscienza, per organizzarsi se intendono diventare una “squadra”, sono 4:
– Area Pubblica – Cosa conosco io di me e cosa conoscono gli altri di me?
– Area Privata – Cosa conosco io di me e cosa non conoscono gli altri di me?
– Area Cieca – Cosa io non so di me e cosa non sanno gli altri di me?
– Area d’Ombra – Cosa io non so di me e cosa non sanno gli altri di me?
Solitamente, questo tipo di “Formazione” prevede molti esercizi pratici per attuare i principi (assiomi) della comunicazione che permettono di sviluppare abilità comunicative, in primo luogo per dialogare con se stessi e contestualmente, per dialogare ed interagire al meglio con gli altri.
In sintesi, lo scopo del lavoro in aula è quello di:
– rendere un “gruppo” una “squadra”, partendo dalla consapevolezza delle risorse e del potenziale che ogni singolo membro dello stesso gruppo può mettere in campo;
– sentirsi parte in causa di un unico progetto e mettersi a disposizione della causa comune per il raggiungimento dell’obiettivo comune;
– tenere in considerazione le varie personalità e le dinamiche psicologiche di ognuno che possono deviare i partecipanti dai compiti assegnati.
La squadra deve “lavorare come un unico blocco”, un “unico pensiero”, “un’unica azione”, nel rispetto, delle diversità che a questo punto non sono più motivo di divisione e insoddisfazione, bensì, comunione e soddisfazione di ogni singolo membro che ha contribuito a far ottenere alla squadra, l’obiettivo che si era prefissa di raggiungere.
Alla fine di ogni workshop c’è la “prova di fiducia”.
Questo momento è un po’ la cartina tornasole che permette al gruppo di capire se, veramente, ogni membro dello stesso ha “piena fiducia” di chi collabora con lui allo stesso progetto.
Uno di questi “test” è quello che mette alla prova la fiducia maturata, a seguito di un percorso formativo, gli uni degli altri.
Questa prova finale al termine del workshop tende a rendere consapevoli i presenti che, se alla base non ci si fida, ciecamente, l’uno dell’altro, non diventeremo mai una “squadra” per cui se non naturiamo tale consapevolezza, continueremo a chiederci per anni perché non riusciamo ad aggregare e a focalizzare un gruppo di persone su un progetto unico seppur questo ha in sé un alto potenziale e valore? Perché non riusciamo a far perseguire a tutti farlo il progetto con entusiasmo e partecipazione condivisi?
Lo spirito di fiducia che dovrebbe persistere in un “Team vincente”, è ciò che più anima una “squadra” rispetto ad un semplice “gruppo” di persone e la rende un “Team vincente”.
D’altra parte, mettere insieme un gruppo di persone non è difficile, il difficile è farle lavorare insieme e in armonia, per il raggiungimento di uno scopo comune.
A chiosa di questo mio articolo, a sintetizzare quanto suddetto, mi viene in mente una frase del grande imprenditore statunitense, Henry Ford:
“Ritrovarsi insieme è un inizio, restare insieme è un progresso, ma riuscire a lavorare insieme è un successo”