(Adnkronos) – Un nuovo studio pubblicato su Nature descrive l'estrazione e il sequenziamento di antiche proteine dello smalto da un dente di rinoceronte fossilizzato risalente dai 21 ai 24 milioni di anni fa, nel Miocene inferiore, ritrovato nell'Alto Artico canadese. Questa impresa estende di ben dieci volte la scala temporale delle sequenze proteiche recuperabili, dando preziose informazioni sull'evoluzione rispetto al più antico DNA conosciuto. Il progetto è stato guidato dal Ryan Sinclair Paterson e diretto da Enrico Cappellini, entrambi dell’Università di Copenaghen. All’interno di questo progetto hanno lavorato Gabriele Scorrano dell’Università di Roma Tor Vergata, Raffaele Sardella di Sapienza Università di Roma e Luca Bellucci del Museo di Geologia e Paleontologia dell’Università di Firenze. Il team di ricerca italiano in particolare ha fornito e analizzato un esemplare di dente di rinoceronte di circa 400.000 anni fa, proveniente dal sito di Fontana Ranuccio, località in provincia di Frosinone molto importante per l’archeo-paleontologia poiché vi sono stati rinvenuti alcuni tra i più antichi reperti in Italia del genere Homo, insieme a una ricca fauna. Il reperto del rinoceronte ‘ciociaro’ quindi è stato determinante per lo studio delle sequenze proteiche e ha funzionato da riferimento intermedio tra i campioni più recenti di età medioevale e quello molto più antico canadese analizzato in questo studio, offrendo un confronto diretto su come le proteine antiche si conservino nel tempo. Così commenta la scoperta Gabriele Scorrano docente di Antropologia presso il dipartimento di Biologia dell'università di Roma Tor Vergata, autore con gli altri dello studio pubblicato su Nature: “È stato entusiasmante partecipare a questa ricerca e spingere i limiti dell’analisi delle proteine antiche. Il mio contributo si è concentrato sull’analisi del reperto italiano proveniente da Fontana Ranuccio. Dimostrare che è possibile estrarre biomolecole da reperti così antichi e da contesti climatici sfavorevoli apre nuove prospettive: potremmo finalmente analizzare materiali finora esclusi per timore di danneggiarli inutilmente”. “Mi auguro che questo lavoro possa contribuire a stimolare una riflessione sulle opportunità di valorizzare reperti che potrebbero rivelarsi fondamentali per approfondire la storia evolutiva della nostra specie” ha concluso Scorrano. Questa ricerca segna quindi un momento cruciale per la paleoproteomica, lo studio delle proteine antiche. Sebbene alcune proteine antiche siano state trovate in fossili del Miocene medio-superiore (circa 10 milioni di anni fa), l'ottenimento di sequenze sufficientemente dettagliate per ricostruzioni robuste delle relazioni evolutive era prima limitato a campioni non più vecchi di 4 milioni di anni. Questo nuovo studio amplia e di molto la finestra temporale, dimostrando come le proteine abbiano uno straordinario potenziale di conservarsi su vaste scale temporali geologiche nelle giuste condizioni. —[email protected] (Web Info)
News
- Bilancio Ue, Confeuro: “Von der Leyen da bocciare e agricoltura dimenticata”
- Tor Vergata, a Open Day 2025 grande affluenza di futuri studenti
- Ravenna, 17enne accoltellato da un coetaneo: la lite per apprezzamenti sulla sorella della vittima
- Biker estremo star dei social precipita per 200 metri, trovato morto Andreas Tonelli
- Raid Israele in Siria “per salvare i Drusi”: ecco chi sono
- Mamme vip, allenamento in gravidanza e pressione social: il corpo post-parto è polemica
- Caso Garlasco, consulente Poggi: “Sulla garza nessun profilo completo di Dna”
- I giovani ora riscrivono la socialità, oltre 3 su 4 prediligono incontrarsi in luoghi fisici