“Con la possibile escalation militare in Medio Oriente, l’Italia rischia un contraccolpo economico senza precedenti: 32,9 miliardi di euro per sei mesi di conflitto, con bollette in aumento del 40% e una perdita dell’1,5% del PIL, con picchi del 3,5% per la manifattura”. È l’allarme lanciato da Roberto Capobianco, presidente di Conflavoro, alla luce delle stime elaborate dal Centro Studi dell’associazione, diretto da Sandro Susini.
“Il blocco dello Stretto di Hormuz comprometterebbe le forniture di gas liquido dal Qatar, con un’impennata del 75-80% del prezzo del greggio e un aumento fino al 35% dei costi logistici. Nello scenario peggiore – avverte Capobianco – si profilerebbe anche il rischio di razionamenti energetici per le industrie non strategiche. I settori più colpiti, oltre a manifattura e logistica, sarebbero commercio e turismo, con 200mila posti di lavoro a rischio e un monte ore di cassa integrazione in crescita a 7-8 milioni. Le produzioni potrebbero ridursi fino al 20%, in particolare nei comparti energivori come vetro, acciaio, ceramica, chimica e carta. Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte le regioni più colpite”.
Le ripercussioni si farebbero sentire anche sui consumi: secondo il Centro Studi di Conflavoro, le famiglie più vulnerabili potrebbero perdere fino al 7% del loro potere d’acquisto, con l’inflazione che potrebbe toccare il 5% annuo per un impatto medio di circa 100 euro al mese per nucleo familiare, tra rincari per energia e spese alimentari. Solo per queste ultime, il rischio è che balzino al +8%, tradotto in un aggravio annuo di 400-500 euro a famiglia.
“Questa crisi ripropone in modo drammatico il problema della dipendenza energetica dell’Italia. È necessario agire con urgenza per assorbire un eventuale shock, potenziando le riserve strategiche e, soprattutto, accelerando del 50% il ritmo di crescita degli investimenti nelle energie rinnovabili. Questo significherebbe attivare una filiera green da 120mila nuovi posti di lavoro nei prossimi tre anni”, conclude Capobianco.