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(MeridianaNotizie) Roma, 4 luglio 2013 – Avevano piazzato in tutta Italia ingenti partite di prodotti elettronici ed informatici evadendo l’IVA per circa 12 milioni di euro e reinvestito i proventi dei loro traffici acquistando immobili, che venivano trasferiti con una serie di passaggi per poi confluire in società “pulita”, ad essi riconducibile. Una banda, composta anche dai membri di una stessa famiglia, aveva orchestrato un articolato sistema di frode all’IVA comunitaria costituendo sei società che acquistavano all’ingrosso, da paesi dell’Unione Europea e dalla Repubblica di San Marino, partite di prodotti hi-tech per svariati milioni di euro e le ponevano sul mercato a prezzi estremamente competitivi, grazie alla mancata presentazione delle dichiarazioni annuali dei redditi, dell’IVA e dell’I.R.A.P. ed al versamento delle imposte. E’ quanto scoperto dai finanzieri del Comando Provinciale di Roma, al termine di un’indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Roma nella persona del Sostituto Procuratore della Repubblica Stefano FAVA, che ha fatto piena luce sulle attività illecite dell’organizzazione, capeggiata da un uomo, C.P., dichiarato fallito con sentenza del Tribunale di Roma nel 2002, che si era avvalso di alcuni parenti per preporli, quali “teste di legno”, alla guida delle società coinvolte.
Dagli accertamenti delle Fiamme Gialle della Compagnia di Fiumicino, resi difficili dalla mancanza di tutta la documentazione amministrativo-contabile fatta sparire per impedire la ricostruzione del giro d’affari, è emerso, oltre l’occultamento al Fisco di ricavi per circa 64 milioni di euro, che i proventi degli affari venivano reinvestiti nell’acquisto di immobili che venivano ritrasferiti di volta in volta a società di comodo e, infine, fatti confluire in una società pulita, di cui la moglie del dominus era la socia maggioritaria. Anche in questo caso, veniva utilizzato un espediente ingegnoso, al fine di evadere l’IVA sui trasferimenti degli immobili: bastava dichiarare, negli atti di compravendita, che l’oggetto sociale era l’acquisto e la rivendita di immobili e che gli stessi sarebbero stati venduti entro tre anni dalla data di acquisto.
Gli elementi raccolti dai militari hanno consentito al Pubblico Ministero di richiedere al Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Roma Cinzia Parasporo, l’emissione di un provvedimento restrittivo della libertà personale nei confronti del capo della banda, ed al sequestro “per equivalente” di beni mobili, conti correnti e immobili a San Felice al Circeo, Sonnino e Roma, per un valore complessivo di oltre 16 milioni di euro. Il capo della criminale unitamente ad altre otto persone, denunciate a piede libero dovranno rispondere dei reati di emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, omessa presentazione della dichiarazione annuale, occultamento e distruzione delle scritture contabili e dichiarazione infedele, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
Servizio di Domenico Lista
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