La rata annuale arriva a 4.000 euro per un anno di studio. Come spiegano da Adiconsum, sono ancora troppe le difformità tra gli studenti, e troppi i criteri e i parametri tra cui districarsi 
(MeridianaNotizie) Roma, 16 ottobre 2013 – Sta per scadere o, a seconda degli atenei è già irreparabilmente scaduta. Stiamo parlando della tassa universitaria, la prima rata di inizio anno che cala come una mannaia sulle spalle dei genitori o degli stessi studenti, dato che spesso e volentieri sono loro a pagare le spese della loro carriera universitaria. La rata annuale arriva a 4.000 euro per un anno di studio. Come spiegano da Adiconsum, sono ancora troppe le difformità tra gli studenti, e troppi i criteri e i parametri tra cui districarsi. Il quadro della tassazione universitaria nel nostro paese per il 2013, è estremamente complesso e soprattutto oneroso per le famiglie italiane. In diversi atenei le tasse sono aumentate per gli studenti fuori corso a causa della Spending Review e a causa dell’incremento dell’imposta di bollo (da 14,62 a 16 euro). Oltre il danno la beffa: spesso e volentieri gli studenti fuori corso non sono dei pigri animaletti con la bava alla bocca e le cispe negli occhi che passano le giornate a guardare Maria De Filippi. Nella maggior parte dei casi sono persone che hanno iniziato a lavorare negli anni dell’università, proprio per sfidare il tempo e cercare di non trovarsi con un pugno di mosche alla laurea. Lavorare e studiare è spesso complicato.. soprattutto quando oltre al rallentamento accademico si aggiunge l’aumento dei soldi da sborsare. Si distingue solo l’Università dell’Aquila, che per il triennio 2011-2014, a seguito del sisma ha deciso l’esenzione totale (salvo tassa regionale e bollo) per tutti: una scelta lodevole, vincente e coraggiosa per aiutare l’Ateneo a rinascere.
“La difformità tra gli Atenei è totale – spiega Pietro Giordano, Presidente Nazionale Adiconsum –: ognuno adotta il proprio metodo di graduazione delle tasse e criteri diversi per il riconoscimento delle riduzioni, delle esenzioni e delle borse di studio, determinando una giungla di disparità incompatibile con un effettivo riconoscimento del diritto allo studio”. Oltre alle tasse annuali si aggiunge il problema del mantenimento dei fuori sede, piegati dal peso dell’affitto e del cibo o quant’altro. “E’ un sistema che, allo stato attuale – prosegue Giordano – continua ad operare un’ingiusta selezione all’ingresso, basata non sul merito degli studenti ma sulla capacità reddituale delle loro famiglie, soprattutto di quelle dei fuori sede. Al problema della frammentazione della tassazione va infatti aggiunto quello degli ingenti costi di mantenimento, soprattutto nelle grandi città, in cui hanno sede gli Atenei più ambiti: affitto, mensa, trasporti, per non parlare poi del costo dei testi universitari e della strumentazione aggiuntiva richiesta per le diverse facoltà”.
“L’istruzione universitaria – afferma Giordano – è uno step fondamentale per guidare i giovani verso il mercato del lavoro, già di per sé pieno di ostacoli e di difficoltà. Un sistema che non garantisce pari opportunità di studio a tutti coloro che ne hanno diritto non è equo né meritocratico; al contrario, è un sistema elitario che taglia fuori, come sempre, le fasce sociali più deboli, impedendo un miglioramento reale del modello educativo e formativo del nostro Paese: non c’è da meravigliarsi, poi, se la fuga dei cervelli all’estero è ormai diventata inarrestabile”. Il diritto allo studio è diritto alla cultura e alla realizzazione. Un popolo di ignoranti lo si controlla, lo si sottomette e viene ingurgitato dal sistema. Peccato che è difficile lottare contro questo stato di cose se non si ha i mezzi per farlo; non basta purtroppo solo la volontà ma servono evidentemente anche i soldi, e pure tanti.
di Luisa Deiola
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