Mimì e Rodolfo soli sul palco, accompagnati dal solo pianoforte. Come se la pioggia non avesse già placato uno spettacolo che mancava da Roma dal 1967, a mettere i bastoni tra le ruote aigli artisti bohémien, lo sciopero confermato nel pomeriggio di ieri dai lavoratori aderenti alla Slc Cgil e Fials Cisal.
(MeridianaNotizie) Roma, 15 luglio 2014 – La prima della «Bohème», in programma ieri sera alle Terme di Caracalla, è andata in scena infatti in forma ridotta per il mancato accordo con il sovrintendente Carlo Fuortes. Ad accompagnare i cantanti e il coro soltanto un pianoforte. Fuortes avrebbe promesso il rimborso del biglietto agli spettatori che non intendessero assistere all’opera, mentre per quelli che rimangono sarebbe previsto il 50% di sconto sull’acquisto di tagliandi per altri titoli in programma.
Il sovrintendente Fuortes è salito sul palco per annunciare la volontà di ”rispettare il diritto di sciopero” e di qui la decisione del direttore d’orchestra Daniele Rustioni di andare in scena con l’accompagnamento del solo pianoforte. Una doccia fredda per la platea che aveva già iniziato a mormorare avendo atteso più di mezz’ora l’inizio dello spettacolo. Ma poi nello sconcerto generale, tra chi nel pubblico ha scelto di andare via e chi invece ha preferito rimanere, questa sfortunata Bohème è riuscita a debuttare.
Chi è rimasto in platea ha comunque fatto sentire il calore degli applausi ai protagonisti e alla pianista Enrica Ruggiero che da sola ha suonato l’intera partitura. Perché è difficile restare indifferenti a una storia d’amore come quella di Rodolfo e Mimì, che davvero ha tutti gli ingredienti per coinvolgere testa e cuore: una fredda soffitta parigina, un gruppo di artisti bohémien senza soldi ma pieni di passione, due giovani che si perdono l’una nell’altro, in nome di un sentimento travolgente di cui si fa beffe un crudele destino. Non è un caso infatti che Davide Livermore, l’uomo ”chiave” di questo allestimento (non solo regista, ma anche autore di scene, luci e costumi) abbia definito la Bohème un ”colossal dei sentimenti, un’educazione agli affetti che va recuperata”.
A ergersi immortale sopra tutti e sopra ogni cosa c’è poi l’arte, intesa come ragione di vita e non come un modo per guadagnarsi da vivere. Ecco allora che in questo nuovo allestimento (in coproduzione con il Palau de les Arts Reina Sofìa di Valencia) il palco diventa un enorme atelier: la scelta di Livermore è ricaduta su un’ambientazione di fine ‘800, arricchita dalla magia dell’Impressionismo, con i quadri di Monet e Renoir, Cezanne e Van Gogh. Attraverso un sapiente gioco di luci e immagini animate, le tele e le rovine di Caracalla (anch’esse ”dipinte” grazie alla tecnologia del videomapping, particolarmente duttile e del tutto compatibile con i vincoli archeologici) si fondono con le voci dei protagonisti e la perfetta partitura pucciniana. E poi la neve, che per magia nel terzo atto ha imbiancato spettatori e palco, in un effetto scenico che ha accresciuto la suggestione di quest’opera emblema di romanticismo.
Cristina Pantaleoni
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