I tre pilastri portanti del processo evolutivo di una comunità: rispetto, responsabilità, impegno.
– articolo di Massimo Catalucci
(Meridiananotizie) Roma, 3 aprile 2022 – La nostra società e ormai frastornata da un’informazione spesso manipolatoria, subliminale, tendente più a creare confusione, caos, piuttosto che fornire ai cittadini strumenti per la conoscenza delle cose vicine alla realtà dei fatti. Siamo diventati sempre più scettici perché siamo vittime del bombardamento mediatico che ci sovrasta di messaggi che non ci fanno valutare con serenità lo stato di cose che viviamo e di conseguenza, ci prevaricano la possibilità di pensare e agire verso la direzione di un cambiamento culturale che ci induca a trasformare ciò che nella nostra società non ci piace.
Provo a spiegarmi meglio.
La maggior parte dei cittadini vorrebbero vedere “trasformata” la propria comunità in un luogo dove la qualità di vita rispetti, in primis i diritti umani e che, di conseguenza, assicuri a tutti dignità, sotto ogni profilo della propria identità personale e sociale.
Questo processo di “sviluppo” verso una società migliore non può essere raggiunto se non si attua un “cambiamento” del modo di pensare e di agire, protratto a “trasformare” ciò che attualmente viviamo.
Per sintetizzare questo concetto, prendo in prestito da un grande pacifista, Mahatma Gandhi, una sua frase storica che è diventata un mio mantra quotidiano: “dobbiamo diventare il cambiamento che vogliamo vedere”.
Evoluzione: Rispetto, Responsabilità, Impegno
La cultura del pensare e fare una nuova politica sociale ed economica si fonda sulla coscienza umana che trova nei tre pilastri portanti del “cambiamento”, il “rispetto”, la “responsabilità” e l’“impegno” di ogni cittadino, quindi di ogni politico, nei confronti, innanzitutto, di Sé e a seguire nei confronti degli altri e dell’ambiente a lui circostante.
Questi tre principi se perseguiti con coscienza, portano all’“evoluzione” di una società, ovvero alla “trasformazione” della stessa in un ambiente a misura d’uomo dove le risorse possono prosperare a favore di tutti e non in funzione di un principio “oligarchico” che vede il potere in mano a pochi che lo sfruttano a proprio vantaggio e non per il benessere della collettività.
Sono decenni che perseguo il principio di Rispetto, Responsabilità e Impegno (Contratto) e alcune volte mi è anche stato detto che questo mio modo di pensare e di agire è troppo idealista, anzi, alcuni lo hanno considerato utopistico.
La mia convinzione invece, diversamente, da chi ritiene “fantasioso” l’approccio da me indicato verso un cambiamento e la conseguenziale trasformazione della società, trova riscontro nelle scienze della formazione e dell’educazione e di tutte quelle discipline neuroscientifiche e di sviluppo e crescita personale, oltre che sociologiche.
Le scienze neuroscientifiche, a cui afferisce anche la psicologia, ci dicono che un “pensiero genera un’azione e a sua volta l’azione rafforza il pensiero che l’ha generata”.
Quindi, l’approccio psicoemotivo, fondato sul principio gandhiano che ci invita ad essere oggi il cambiamento che vogliamo vedere domani (viverlo oggi come se lo avessimo già ottenuto), è qualcosa di molto più reale di quanto si possa pensare, ed è la base di quello che viviamo costantemente, senza saperlo consciamente, nella nostra società. Infatti, tale approccio è inconsciamente focalizzato sulle negatività attuali che proiettiamo anche per il futuro (circolo vizioso).
E così, come un pensiero negativo, carico di emozioni e percepito a livello sensoriale, sviluppano una predisposizione dell’individuo a vedere per il presente e per il futuro quello che dentro di Sé vive, allo stesso modo, avviene per un pensiero Positivo. Tutto quello che accade nella nostra mente è considerato soggettivamente, realtà e si manifesta nella stessa.
Le nostre convinzioni, negative o positive, creano i presupposti per farci agire in una direzione o nell’altra, ci spingono a muoverci o a rimanere fermi, insomma, sono la bussola che ci dirige verso specifiche scelte nella nostra quotidianità.
E purtroppo, nella nostra società, quello che capita troppo spesso è che accettiamo (pensiero) che lo stato di cose negative non si può cambiare (azione) per cui la logica conseguenza è quella che entriamo in un “circolo vizioso” che ci chiude ad ogni possibile tentativo di produrre nuovi pensieri propositivi e positivi, che possano metterci in azione per perseguirli, con l’obiettivo di attuare un cambiamento che ci conduca alla trasformazione culturale della politica nella nostra società.
Differenza tra cambiamento e trasformazione
Si sente spesso nella nostra società, in politica in particolare, utilizzare termini quali, cambiamento, sviluppo, trasformazione e altrettanto frequentemente, si tende a fare confusione tra queste tre definizioni che apparentemente, sembrano avere lo stesso significato ma sono sostanzialmente diversi tra loro, anzi, sono tre step importanti da perseguire per giungere all’obiettivo che ci prefiggiamo di ottenere.
Il cambiamento è qualcosa che mettiamo in atto giornalmente ma che poi torna sempre allo stato precedente e lo incarniamo costantemente. Un esempio è quello del ruolo che noi stessi ricopriamo nella nostra società, ci comportiamo da genitori quando siamo con i nostri figli, ci comportiamo da lavoratori quando siamo a lavoro, ci comportiamo da sportivi quando andiamo in palestra o facciamo altro tipo di sport. Insomma, siamo tante cose ma ogni volta che abbracciamo un ruolo, dobbiamo necessariamente, lasciare l’altro per poi tornare a ricoprirlo nel contesto indicato.
In questo continuo cambiamento, non è detto che sviluppiamo nuove abilità, tutt’altro, è possibile che ci adagiamo su quelle che conosciamo, sia per svolgere il nostro ruolo di genitori, che di lavoratori o altro. Ecco che il passaggio successivo, ovvero, quello dello sviluppo, non può manifestarsi, proprio perché siamo fermi al nostro cambiamento di routine.
Invece, quando abbracciamo seppur un cambiamento di ruolo giornaliero e lo facciamo con la predisposizione di apprendere nuove abilità, fare nuove conoscenze in ogni ambito, allora siamo sulla strada dello sviluppo che ci porterà a trasformare il nostro modo di essere. In questo caso avremo completato l’iter evolutivo verso un cambiamento duraturo che vuol dire sviluppo, trasformazione ed evoluzione.
Un altro esempio ancora più esplicativo può essere quello della metafora della farfalla. Tutti sappiamo che questo “animaletto alato” si matura all’interno di un uovo, diventa poi, bruco (o larva); poi, crisalide (o pupa), infine adulto e può librarsi nell’aria. Questo suo continuo cambiamento è parte del suo sviluppo che l’ha portata ad essere qualcosa che non potrà mai più tornare ad essere quella che era prima.
La metafora della farfalla ci insegna che il cambiamento, nella nostra società è solo il primo passo che deve indurci a farne un secondo in direzione del nostro sviluppo, continuando a cambiare e ad apprendere nuove abilità per far giungere a maturazione la trasformazione definitiva della nostra stessa società.
Quindi, l’obiettivo è la trasformazione e non il cambiamento. Il solo desiderio di cambiare ci àncora a dove siamo ora, perché incapaci di perseguire il percorso di uno sviluppo socio-culturale, quindi politico, che trasformi il nostro modo di pensare e di agire e di conseguenza ci nega la possibilità di evolverci.
E nel mezzo del percorso di sviluppo, non possono mancare tre elementi fondamentali già su menzionati: il rispetto, la responsabilità, l’impegno (il contratto).
La società è un grande “puzzle”
Siamo tutti tasselli importanti in una società, siamo tutti parte di un grande “puzzle” cui ogni casella è essenziale per godere dell’opera finita.
Così come le caselle del puzzle, prese singolarmente non hanno nessun valore, anche noi presi singolarmente perdiamo valore in un contesto sociale. Questo, lo acquistiamo quando in una società, come in un quadro di un “puzzle”, secondo le nostre specifiche peculiarità, ci posizioniamo all’interno della stessa per dare vita a quella che è la nostra comunità…e questo come suddetto, accade comunque, nel bene e nel male, per cui ciò che riceviamo come qualità della vita nella nostra realtà è ciò che siamo stati in grado di investire in termini di rispetto, responsabilità e impegno.
Se riuscissimo a comprendere che siamo artefici nel bene e nel male del quadro sociale (puzzle) che anche noi rappresentiamo, solo allora daremo il giusto “peso”, la giusta “importanza” alla singola casella che rappresentiamo nel quadro che esprime la nostra società.
In mancanza di questa nostra consapevolezza, saremo sempre le caselle di un “puzzle” sociale ma buttate lì a caso, a determinare, appunto, il caos sociale che viviamo e dove continueremo a parlare di cambiamento senza mai arrivare a trasformare la nostra comunità come vorremmo.